Introduzione a Hegel
Lezioni con i testi su Fenomenologia e Scienza della logica e videolezione sulla Scienza della logica
1. L’IDENTITA’ DI PENSIERO ED ESSERE
Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque a Stoccarda nel 1770. Dopo la frequentazione del liceo della sua città si iscrisse all’università di Tubinga dove, dal 1788 al 1793, seguì i corsi di filosofia e teologia. Insieme agli studi filosofici e di ordine teologico Hegel condivise certo, con i giovani del suo tempo, l’entusiasmo per la Rivoluzione francese e l’atmosfera della nuova cultura del romanticismo tedesco. Nel segno di questa comunanza di interessi e di entusiasmi egli strinse una forte amicizia con Friedrich Schelling e Holderlin. Dal 1793 al 1796, Hegel fu a Berna dove fece il precettore privato e stese i suoi due primi scritti: la Vita di Gesù e un saggio Sulla relazione della religione razionale con la religione positiva. Nel 1797, Hegel tornò in Germania, a Francoforte, dove continuò a fare il precettore privato. Nel 1800 morì il padre e gli lasciò un’eredità che gli permise di vivere senza la preoccupazione degli stringenti bisogni finanziari. Si trasferì allora a Jena dove, nel 1801, pubblicò la sua prima opera: la Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling. Proprio a Jena, nel 1805, Hegel ottenne la sua prima cattedra universitaria e, soprattutto, nel 1807, pubblicò la sua prima grande opera, la Fenomenologia dello spirito. Dal 1808 al 1816 Hegel fu a Norinberga dove presiedette, come direttore, il Ginnasio della città e attese alla stesura della seconda importante opera, la Scienza della logica, che fu pubblicata nel 1812 e, poi, nella sua seconda parte, nel 1816. Da Norimberga, nel 1816, il filosofo, ormai molto noto, si spostò a Heidelberg dove gli fu conferita la cattedra di filosofia presso la prestigiosa università della città. Gli anni di Heidelberg furono gli anni della pubblicazione della Enciclopedia delle scienze filosofiche dove Hegel espose in modo sistematico la sua filosofia. L’opera apparve nel 1817 e già nel 1818 fu chiamato a insegnare all’università di Berlino. A Berlino Hegel fu circondato da una grande fama universitaria e fu seguito da un ampio stuolo di studenti che avrebbero segnato, essi stessi, lo svolgimento della storia della filosofia. E, a Berlino, Hegel, oltre a pubblicare due nuove edizioni dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche, nel 1827 e nel 1830, pubblicò un’altra opera di capitale importanza, i Lineamenti di filosofia del diritto, editi nel 1821. Proprio in questa sua ultima opera, a cui seguiranno i testi pubblicati postumi dai discepoli (le Lezioni sulla filosofia della storia, le Lezioni sulla filosofia della religione, l’Estetica e le Lezioni sulla storia della filosofia) è scolpito l’assunto fondamentale che rappresenta la cifra costitutiva della filosofia hegeliana: il pensiero che “tutto ciò che è reale è razionale; e tutto ciò che è razionale è reale”. Con queste proposizioni, il filosofo intende dire che la realtà è permeata in ogni sua manifestazione da una struttura logica e, viceversa, il pensiero non è qualcosa che riposi solamente nella mente dell’uomo senza costituire, in ogni sua articolazione, l’essenza stessa della realtà. Pensiero ed essere, razionale e reale, coincidono.
Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale.
Ogni coscienza ingenua, del pari che la filosofia, riposa in questa persuasione; e di qui appunto procede alla considerazione dell’universo spirituale, in quanto universo naturale. Si tratta allora di riconoscere, nell’apparenza del temporaneo e del transitorio, la sostanza che è immanente e l’eterno che è attuale. Invero, il razionale, il quale è sinonimo di idea, realizzandosi nell’esistenza esterna, si presenta in un’infinita ricchezza di forme, fenomeni e aspetti; e circonda il suo nucleo della spoglia variegata, alla quale la coscienza si sofferma dapprima e che il concetto trapassa, per trovare il polso interno e per sentirlo appunto ancora palpitante nelle forme esterne.
G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Prefazione
2. L’ASSOLUTO è RISULTATO
Il principio dell’idealismo, la risoluzione della realtà nel pensiero, è per Hegel un’acquisizione storica che si verifica dopo una millenaria gestazione che, prendendo le mosse dalla storia e dalla filosofia antiche, si compie in virtù della Rivoluzione francese e dell’affermazione della filosofia tedesca dell’Ottocento. Dopo una lunga “odissea dello spirito” la coscienza dell’uomo arriva alla consapevolezza che fra il suo pensare e la realtà non vi è alcuno iato: l’articolato sistema delle forme del pensiero coincide pienamente con l’articolato sistema delle forme dell’essere. Il primo grande capolavoro di Hegel, la Fenomenologia dello spirito, è l’opera in cui il filosofo espone questo lungo cammino della coscienza che “attraverso la via del dubbio e della disperazione” arriva appunto al sapere assoluto: un sapere ab-solutus, vale a dire, un sapere sciolto dal dubbio che al sistema razionale delle categorie logiche non sia pienamente immanente un sistema reale delle categorie ontologiche.
Il vero è l’intiero. Ma l’intiero è soltanto l’essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell’Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente resultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell’essere effettualità, soggetto, o divenir-se-stesso.
Può accadere che la coscienza naturale, senza neppure sapere che cosa la spinga a ciò, voglia affidarsi immediatamente alla scienza; ma questa pretesa non è che un nuovo tentativo di camminare con le gambe all’aria. Quando la coscienza naturale venga obbligata a mettersi e a muoversi in questa insolita posizione, le si impone un’inutile violenza alla quale essa non è preparata.
Il divenire della scienza in generale o del sapere è appunto ciò che questa fenomenologia dello spirito presenta. Il sapere, come esso è da prima, o lo spirito immediato, è ciò che è privo di spirito. Per giungere al sapere propriamente detto, il sapere deve affaticarsi in un lungo itinerario.
La scienza di questo itinerario è scienza dell’esperienza che la coscienza fa. […] Ed esperienza viene detto appunto quel movimento dove l’immediato, il non sperimentato, cioè l’astratto, appartenga all’essere sensibile o al semplice pensato, si viene quindi alienando, e poi da questa alienazione torna a se stesso; così soltanto ora, dacché è ancora proprietà della coscienza, l’immediato è presentato nella sua effettualità e verità.
L’elemento della filosofia è il processo che si crea e percorre i suoi momenti; e questo intero movimento costituisce il positivo e la verità del positivo medesimo.
La natura di ciò che è, è di essere, nel proprio essere, il proprio concetto; e in ciò sta, in generale, la necessità logica; essa sola è il razionale, il ritmo della totalità organica; essa è sapere del contenuto, non meno di quello che il contenuto sia concetto ed essenza; ovverosia, soltanto essa è l’elemento speculativo.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Prefazione
Ma al sapere è di necessità inerente non meno la meta che la serie del processo; la meta è la dove il sapere non ha più bisogno di andare oltre se stesso, dove, dove trova se stesso, dove il concetto corrisponde all’oggetto e l’oggetto al concetto.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Introduzione
3. COSCIENZA, AUTOCOSCIENZA, RAGIONE
La Fenomenologia dello spirito reca l’importante sottotitolo di Scienza delle esperienze della coscienza. E’ dunque la descrizione del cammino che la coscienza fa per sollevarsi dall’opinione al sapere; quale può essere stato il cammino del prigioniero della caverna platonica dalla iniziale conoscenza sensibile fino alla contemplazione del mondo delle idee. O, per venire in avanti con i tempi, quale il cammino dei personaggi del romanzo di formazione moderno che attraverso il loro errare giungono da ultimo alla consapevolezza della verità. Nella Fenomenologia dello spirito hegeliana il protagonista è appunto la coscienza e il cammino è innanzitutto un cammino di ordine gnoseologico; è appunto il cammino del pensiero che è in cerca della verità, della piena conoscenza dell’essere. Questo cammino, nella prima parte della Fenomenologia si articola in tre momenti significativi che segnano altrettanti capitoli dell’opera: il momento della coscienza, il momento dell’autocoscienza e il momento della ragione. Il momento della coscienza è il momento in cui il pensiero ritiene che le leggi secondo cui si struttura la realtà risiedano nella stessa realtà che si pone di fronte ad esso (essere-in-sé); il momento dell’autocoscienza è il momento in cui il pensiero si eleva alla consapevolezza che è esso stesso a conferire alla realtà le leggi secondo cui essa si costituisce (essere-per-sé); il momento della ragione è, infine, il momento in cui il pensiero riconosce che la costituzione della realtà e quella del pensiero stesso coincidono in una stessa struttura onto-logica (essere in sé e per sé).
Lo spirito è dunque coscienza ut sic, il che comprende in sé la certezza sensibile, il percepire e l’intelletto, in quanto esso spirito, nell’analisi di se medesimo, tiene fermo il momento secondo il quale esso è per se stesso oggettiva effettualità nell’elemento dell’essere, ed astrae dal fatto che questa effettualità è il suo proprio essere-per-sé. Quando invece lo spirito tiene fermo l’altro momento dell’analisi, che il suo oggetto è il suo essere-per-se, allora esso è autocoscienza. Ma come immediata coscienza dell’essere-in-sé e dell’essere-per-sé, come unità della coscienza e dell’autocoscienza, esso è la coscienza avente razionalità […]
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Capitolo VI
4. LO SPIRITO
Kant, nella Critica della ragion pura, aveva dedotto le categorie gnoseologiche dalla tavola dei giudizi logici; Hegel, dal canto suo, pensa che le categorie gnoseologiche debbano invece essere dedotte dal divenire dell’effettualità storica, ciò a cui egli dà nome di spirito. Il divenire gnoseologico, insomma, è l’astrazione del divenire storico. Il momento della coscienza, prima di essere una categoria gnoseologica è una categoria storica: è il momento in cui l’uomo pensa che il fondamento universale del suo agire sia nelle leggi oggettive della città (è il mondo della polis greca); il momento dell’autocoscienza, quindi, prima di essere una categoria gnoseologica è una categoria storica: è il momento in cui l’uomo pensa che il fondamento universale del suo agire risieda prima in un al di là metafisico e poi nella sua interiorità (è il mondo di Socrate, del Cristianesimo e dell’imperativo categorico kantiano); il momento della ragione, da ultimo, prima di essere una categoria gnoseologica è una categoria storica: è il momento in cui l’uomo pensa che il fondamento del suo agire sia quello di riconoscersi nelle leggi dello stato alla cui formazione egli contribuisce in prima persona tramite i meccanismi della rappresentanza della monarchia costituzionale moderna (è il mondo che segue alla Rivoluzione francese e che si compie nella monarchia costituzionale prussiana).
Lo spirito è l’assoluta e reale essenza che sostiene se stessa. Tutte le figure della coscienza fin qui apparse sono astrazioni di questo spirito medesimo; esse sono il suo analizzarsi, il suo distinguere i suoi propri momenti, e il suo indugiare in momenti singoli. Questo isolare tali momenti ha a suo presupposto e a sua sussistenza lo spirito stesso; ovvero esso isolare esiste solo nello spirito il quale è l’esistenza.
In quanto è la verità immediata, lo spirito è la vita etica di un popolo; l’individuo che è un mondo. Lo spirito deve però giungere alla coscienza mediata di ciò che egli è immediatamente, deve togliere la bella vita etica, e, attraverso una serie di figure, riuscire al sapere di se stesso. Queste figure si distinguono peraltro dalle precedenti [coscienza, autocoscienza, ragione] perché sono gli spiriti reali, sono effettualità peculiari e, anziché figure della coscienza soltanto, sono figure di un mondo.
Il mondo etico [quello della polis greca], il mondo lacerato nell’al di qua e nell’al di là e l’intuizione morale del mondo [quello del cristianesimo e della morale kantiana] sono dunque gli spiriti dei quali si svilupperà il movimento e il ritorno nel semplice e per sé essente Sé dello spirito; e come meta e risultato di quelli scaturirà l’autocoscienza effettuale dello spirito assoluto.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Capitolo VI
5. LA RELIGIONE
L’«autocoscienza effettuale dello spirito assoluto», vale a dire il momento in cui ogni singolo prende consapevolezza di sé come individualità e universalità, come individualità che si può realizzare solo attraverso l’interindividualità, si presenta allo spirito stesso innanzitutto nella forma della religione. Lo spirito intuisce, e non sa, il puro sapere di se stesso come essenza universale; la prima presa di consapevolezza dell’essenza universale avviene nella forma della rappresentazione e della figura e non del concetto; quindi nella forma della religione e non della filosofia.
La parola della conciliazione è lo spirito esistente che intuisce il puro sapere di se stesso come essenza universale […] è il Dio che appare in mezzo a loro che si sanno come il puro sapere.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Capitolo VI
La prima effettualità dello spirito è il concetto della religione stessa, o la religione come religione immediata e quindi religione naturale; in lei lo spirito si sa come proprio oggetto in figura naturale o immediata [religione naturale orientale della luce che si effonde nelle tenebre e continua con la divinizzazione di piante e animali]. Ma la seconda effettualità dello spirito è quella di sapersi nella figura della naturalità tolta o del Sé [religione artistica greca intuita nell’immagine dell’uomo che viene poi elevata a idea]. La terza effettualità, infine, toglie il carattere di unicità delle prime due; il Sé è tanto immediato quanto l’immediatezza è Sé [religione rivelata cristiana di Dio che si fa uomo]. Se nella prima lo spirito è in genere nella forma della coscienza, e nella seconda in quella dell’autocoscienza, nella terza esso è nella forma dell’unità di ambedue; esso ha la figura dell’essere-in-sé [Dio] e per-sé [Cristo], questa è la religione rivelata.
Ma sebbene lo spirito giunga in essa alla sua figura vera, la figura stessa e la rappresentazione sono ancora il lato insuperato, dal quale lo spirito deve passare al concetto, per risolvere in lui interamente la forma dell’oggettività, in lui che racchiude in sé anche questo suo opposto. Lo spirito ha colto allora il concetto di se stesso, a quel modo che noi lo abbiamo colto proprio ora; e la sua figura e l’elemento del suo esserci, dacché essa è il concetto, è lui stesso.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Capitolo VII
6. IL SAPERE ASSOLUTO
Il reale, lungo l’articolato percorso delle esperienze della coscienza, si è manifestato come razionale e come razionale si è conosciuto. Lo spirito, il divenire della verità, si conosce attraverso il concetto, il puro pensiero, e la scienza delle esperienze della coscienza può quindi lasciare il passo alla scienza vera e propria: la scienza del divenire dei concetti puri, la logica, che, proprio in virtù della dissoluzione fenomenologica della distinzione fra pensiero ed essere, è anche scienza delle realtà pure, cioè ontologia. Così, alla pubblicazione della Fenomenologia dello spirito, nel 1807, seguirà il compimento e la pubblicazione della Scienza della logica, fra il 1812 e il 1816.
Il sapere assoluto è lo spirito che si sa in figura spirituale, ovvero è il sapere concettivo.
Dacché, dunque, lo spirito ha conseguito il concetto, dispiega l’esserci e il movimento in questo etere della sua vita, ed è scienza.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, Capitolo VIII
7. LOGICA E ONTOLOGIA
La Fenomenologia dello spirito ha conquistato alla stessa filosofia il suo principio: la coincidenza di pensiero ed essere. La Scienza della logica si prospetta dunque come una scienza del pensiero e, allo stesso tempo, come una scienza dell’essere, l’ontologia. Per dirla con Aristotele, come scienza dell’essere in quanto essere. Infatti la logica hegeliana non è altro che il sistema organico delle categorie che costituiscono l’intelaiatura razionale di ogni manifestazione della realtà.
La logica è perciò da intendere come il sistema della ragion pura, come il regno del puro pensiero. Questo regno è la verità, come essa è in sé e per sé senza velo. Ci si può quindi esprimere così, che questo contenuto è l’esposizione di Dio come egli è nella sua essenza eterna prima della creazione della natura e di uno spirito finito.
Hegel, Scienza della logica, Introduzione
La logica è il sistema razionale della struttura categoriale della realtà; lo ripetiamo, come direbbe Aristotele, la scienza dell’essere in quanto essere, a prescindere dal modo in cui esso si manifesta nei modi finiti dell’esistenza. Ed in questo senso va spiegata la stessa idea di Hegel secondo cui il contenuto della logica è “l’esposizione di Dio come egli è nella sua essenza eterna prima della creazione della natura e di uno spirito finito”. Al di là della lettera del testo, che potrebbe far incorrere nell’errore di interpretare queste parole nel senso teologico tradizionale, l’idea di Hegel è precisa: la logica è la scienza delle essenze, delle strutture puramente razionali della realtà, a prescindere dal fatto che queste essenze possano essere rinvenute in una piuttosto che in un’altra manifestazione finita della realtà.
8. SCIENZA DELLA LOGICA E STORIA DELLA FILOSOFIA
Per spiegare quanto la scienza della logica venga concepita da Hegel come la scienza dell’essere in quanto essere in senso aristotelico e lontano da ogni fraintendimento teologico tradizionale, si deve sottolineare come il sistema delle categorie della logica fa capo, per Hegel, allo stesso svolgimento dialettico della storia della filosofia. Le categorie che si dispiegano l’una dopo l’altra nella Scienza della logica non sono altro che gli stessi concetti teoretici con cui i filosofi hanno via via nella storia individuato l’archè della realtà; il sistema della verità non è dunque altro che l’intero sistema delle forme teoretiche che si è via via costituito nella storia. In questo senso, per Hegel, non vi è una filosofia che possa spiegare la realtà più di un’altra: la spiegazione della realtà è l’intero sistema teoretico di cui ogni filosofia costituisce un momento storico. La scienza della logica è dunque in questo senso la storia della filosofia scritta nel linguaggio della filosofia stessa.
Ciò che l’uomo ha di più nobile in confronto all’animale lo ha grazie al pensiero; tutto ciò che è umano, comunque si manifesti, è umano soltanto perché vi opera e vi ha operato il pensiero. Ma sebbene il pensiero sia in tal modo l’essenziale, il sostanziale, l’attività, si rivolge comunque a oggetti differenziati. Esso però deve essere considerato come la cosa più alta non già quando si rivolge ad altre cose ma soltanto quando, occupato soltanto di se stesso, dell’oggetto fra tutti il più nobile, cerca e trova se stesso; e il pensiero trova se stesso in quanto genera se stesso, anzi, esiste ed è attivo soltanto in quanto si trova. Siffatti ritrovamenti sono le filosofie; e la serie di queste scoperte, che costituisce il processo attraverso il quale il pensiero scopre se stesso, è l’opera di due millenni e mezzo.
Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, Introduzione
9. ESSERE, NULLA, DIVENIRE
Quelle dell’essere, del nulla e del divenire sono le prime tre categorie con cui si apre la logica hegeliana. La categoria dell’essere costituisce il primo modo con cui la filosofia ha pensato la realtà; in particolare, il riferimento è all’essere assolutamente indeterminato di Parmenide. Questo essere puro, come lo indica Hegel, trapassa direttamente nella seconda categoria della logica, la categoria del nulla; è un nulla puro, anche esso indeterminato; il riferimento è al nulla assolutamente indeterminato del Buddismo. Il nulla, quindi, è assolutamente complementare all’essere. Entrambi questi concetti infatti pensano alla realtà come a qualcosa di completamente indeterminato. L’essere puro, come concetto assolutamente indeterminato, coincide con il nulla puro, anche esso concetto assolutamente determinato. L’indeterminatezza fa sì che essere e nulla non si oppongano e piuttosto trapassino continuamente l’uno nell’altro. Questo continuo trapassare dell’uno nell’altro è il divenire. Questo è la verità dell’essere e del nulla poiché nel suo concetto unitario si risolve appunto il continuo trapasso degli indeterminati. Si può dire, perciò, che le prime tre categorie della logica costituiscano un’unica categoria la cui piena verità è il concetto del divenire. In particolare, il riferimento storico è a Eraclito: fu lui il filosofo che risolse la realtà nel principio del divenire.
Essere, puro essere, – senza nessun’altra determinazione. Nella sua indeterminata immediatezza esso è eguale soltanto a se stesso, e anche non diseguale di fronte ad altro; non ha alcuna diversità né dentro di sé né all’esterno.
Nulla, puro nulla. E’ semplice eguaglianza con sé, completa vuotezza, assenza di determinazione e di contenuto; in distinzione in se stesso […] Il nulla è così la stessa determinazione o meglio assenza di determinazione, e perciò in generale lo stesso, che il puro essere.
Il puro essere e il puro nulla sono dunque lo stesso. Il loro vero non è né l’essere né il nulla ma che l’essere è passato nel nulla e il nulla nell’essere. […] la verità dell’essere e del nulla è pertanto questo movimento consistente nell’immediato sparire dell’uno di essi nell’altro: il divenire.
Hegel, Scienza della logica, Sezione I, Qualità. Capitolo I
Furono gli Eleati i primi a enunciare il semplice pensiero del puro essere, soprattutto Parmenide, che lo enunciò come l’Assoluto e l’unica verità, e ciò, nei frammenti di lui rimastici, con il puro entusiasmo del pensiero, che per la prima volta si afferra nella sua astrazione […] Nei sistemi orientali, essenzialmente nel Buddismo, il principio assoluto è, com’è noto, il nulla, il vuoto. Conto cotesta semplice e unilaterale astrazione il profondo Eraclito mise in rilievo il più alto concetto totale del divenire […].
Hegel, Scienza della logica, Sezione I, Qualità. Capitolo I, Nota I
10. L’ESSERE DETERMINATO
Il continuo trapasso dell’essere indeterminato nel nulla indeterminato e del nulla indeterminato nell’essere indeterminato è il divenire. Un movimento irrefrenabile che, dice Hegel, “precipita in un risultato calmo”: l’essere determinato. L’essere determinato è unità di essere e di nulla ma questa volta come essere e nulla determinati. Un essere determinato è infatti se stesso e non è tutto ciò che gli sta di fronte; più in fondo, nel suo stesso essere è se stesso e non tutto ciò che gli sta di fronte. La rosa è la rosa e, proprio in virtù di questa identità, non è il giglio. Per cui la rosa si caratterizza, all’interno del suo stesso essere per essere (la rosa) e non essere (il giglio).
L’essere e il nulla stanno nel divenire solo come dileguantisi; ma il divenire, come tale, non è che i forza della loro diversità. Il loro dileguarsi è quindi il dileguarsi del divenire, o il dileguarsi del dileguarsi stesso. Il divenire è una sfrenata inquietudine che precipita in un risultato calmo.
L’esserci è l’essere determinato: la sua determinatezza è determinatezza che è, qualità. Per mezzo della sua qualità qualcosa è contro un altro, è mutevole e finito, e determinato non solo contro un altro ma addirittura negativamente in se stesso.
Hegel, Scienza della logica, Sezione I, Qualità.
11. QUALITA’, QUANTITA’, MISURA
La determinatezza, nel suo riferimento solamente a se stessa, è la qualità. Vale a dire: la rosa è qualcosa di determinato e lo è innanzitutto rispetto a se stessa come una specifica qualità. Ogni essere determinato è dunque qualità quando lo si identifica solo rispetto a se stesso; in questo senso la realtà è una infinità di esseri determinati isolati. Tali esseri determinati isolati, qualora si prescinda dalla loro qualità intrinseca, dal loro essere, sono delle unità, degli uno. L’essere determinato viene pensato come quantità: se la rosa perde il riferimento al suo essere e così il giglio, essi sono solo delle unità, in cui la determinatezza è indifferente al contenuto qualitativo. Sennonché la qualità e la quantità trovano il loro superamento la loro sintesi nella misura: un essere determinato è tale in virtù della sua qualità; e però è anche vero che tale qualità, qualora sia accresciuta o diminuita in maniera radicale, oltre una certa misura, cambia essa stessa: l’acqua è tale rispetto a una certa quantità di calore; qualora però tale quantità di calore vada oltre una certa misura succede che l’acqua muta in vapore o, al contrario, in ghiaccio. La misura è dunque la categoria che tiene insieme qualità e quantità e risolve l’una nell’altra in una verità più complessa.
La determinatezza isolata così per sé, quale determinatezza che è , è la qualità
Hegel, Scienza della logica, Sezione I, Qualità
La qualità è la determinatezza prima, immediata; la quantità è invece la determinatezza che è divenuta indifferente all’essere […] è l’essere per sé che è assolutamente identico coll’essere per altro
Hegel, Scienza della logica, Sezione II, Quantità
Nella misura, per dirla con un’espressione astratta, sono unite la qualità e la quantità.
La misura è il qualificare della quantità e il quantificare della qualità, il reciproco determinarsi di queste due maniere dell’essere. E’ quindi l’unità loro.
Hegel, Scienza della logica, Sezione III, Misura
12. ESSENZA, FENOMENO, REALTA’ IN ATTO
L’essere determinato, in quanto misura, è suscettibile di aumento e decremento che lo portano a risolversi oltre se stesso nello smisuratamente grande e nello smisuratamente piccolo; la sua verità va oltre se stesso e in cotal modo tale verità risiede in una essenza a lui trascendente. Si apre la logica dell’essenza, cioè, quella logica in cui la realtà viene pensata in maniera mediata: la verità dell’essere non è più nell’essere ma nella sua essenza. Il riferimento storico è innanzitutto a Platone, nella cui filosofia la realtà si spiegava in virtù di una essenza trascendente. E però l’essenza hegeliana ha un significato ulteriore: il piano dell’essenza è trascendenza soprattutto in virtù del fatto che l’essere si sdoppia e riflette su se stesso nell’orizzonte delle categorie classiche dell’identità, della differenza, dell’opposizione e della contraddizione. I principi della logica tradizionale sono dunque le categorie della riflessione dell’essere su se stesso. L’essere si concepisce come identità, differenza, opposizione, fino a trovare la sua verità nella contraddizione. E la contraddizione dell’essere come essenza è l’esistenza, il fenomeno. Il riferimento è alla filosofia kantiana che distingue essenza, la cosa in sé, e l’esistenza, il fenomeno: una distinzione che nel filosofo di Koenisberg non si toglie; è allora con la filosofia di Spinoza che bisogna pensare: logica e fisica risolvono la loro unità nella sostanza e la realtà è appunto unità di essenza e esistenza.
La misura esclusiva rimane affetta dal momento di un’esistenza quantitativa e perciò suscettibile di aumento e decremento sulla scala del quanto, sulla quale i rapporti si mutano. Un qualcosa o una qualità, come quello che riposa sopra tali rapporti, viene spinto al di là di se stesso nello smisurato […]
Ciò che si ha dinnanzi, in questo passare, è tanto la negazione dei rapporti specifici, quanto la negazione del progresso quantitativo stesso; è l’infinito che è per sé.
Il finito qualitativo diventa infinito; il finito quantitativo è il suo al di là in se stesso, e accenna oltre a sé.
Hegel, Scienza della logica, Sezione III, Misura
La verità dell’essere è l’essenza
L’essenza pare innanzitutto in se stessa, ossia è riflessione […]
La riflessione è il rispecchiarsi dell’essenza in se stessa. Le determinazioni della riflessione sono racchiuse nell’unità soltanto come poste, tolte; ossia la riflessione è l’essenza immediatamente identica con se stessa.
Hegel, Scienza della logica, Libro II, Sezione I
L’essenza deve apparire
L’apparenza o fenomeno è quindi innanzitutto l’essenza nella sua esistenza; l’essenza vi è immediatamente presente.
Il regno delle leggi è l’immagine calma del mondo esistente o fenomenico.
Hegel, Scienza della logica, Libro II, Sezione II
La realtà è l’unità dell’essenza e dell’esistenza.
Una tale unità dell’interno (essenza) e dell’esterno (esistenza) è la realtà o attualità assoluta.
L’assoluto è unità dell’interno e dell’esterno come unità prima, unità in sé.
Hegel, Scienza della logica, Libro II, Sezione III
13. CONCETTO, MONDO, IDEA
Hegel, conquistata la categoria della realtà come unità di interno ed esterno, di essenza ed esistenza, pensa, con Spinoza, che la realtà non ha un fondamento trascendente ma è causa di se stessa. Sennonché, mentre Spinoza pensava alla realtà causa di se stessa come sostanza, Hegel pensa alla realtà causa di se stessa come soggetto. Ciò significa che la realtà non è un essere statico ma un’attività dinamica, non è sostanza ma è soggetto. Soggetto razionale o, come lo chiama Hegel, concetto. Pensiero che pensa se stesso e in quell’identico momento pone se stesso; pone se stesso come intero sistema delle determinazioni logiche (concetto, giudizio, sillogismo). E però, nel momento in cui si pone, l’Io pone anche il suo opposto, il Mondo come intero sistema delle determinazioni cosmologiche (meccanismo, chimismo e teleologia). L’opposizione fra Io e Mondo si risolve da ultimo nell’Idea che è sintesi di ideale e reale, soggetto e oggetto, anima e corpo. L’Idea si pone innanzitutto in maniera immediata come vita, l’insieme di anima e corpo; l’immediatezza si toglie e la vita trapassa nella categoria della conoscenza in cui l’ideale e il reale, benché siano identici, appaiono come distinti; quindi l’opposizione della conoscenza si risolve nell’identità ultima dell’Idea assoluta. L’Idea assoluta è la categoria ultima in cui si invera tutto il divenire onto-logico che si presenta come la totalità articolata, dialettica e a assoluta della realtà.
Fu già innanzi nel secondo libro della logica oggettiva che la filosofia che si colloca dal punto di vista della sostanza e vi si tiene ferma è il sistema di Spinoza. […]
L’unica confutazione dello spinozismo può consistere soltanto in ciò che si riconosca innanzitutto come essenziale e necessario il suo punto di vista e che poi, in secondo luogo, si elevi questo punto di vista da se stesso al punto di vista superiore. Il rapporto di sostanzialità, considerato interamente come in se stesso e per se stesso, si trasporta al suo opposto, cioè al concetto.
Il concetto, in quanto è arrivato a un’esistenza tale, che è appunto libera, non è altro che l’Io, ossia la pura coscienza di sé.
Hegel, Scienza della logica, Volume II, Sezione I
La derivazione del reale dal concetto, se derivazione si vuol chiamare, consiste anzitutto essenzialmente in questo, che il concetto nella sua astrazione formale si mostra come incompiuto e, per mezzo della dialettica fondata in lui stesso, passa alla realtà in maniera tale che la genera da sé; ma non che il concetto ricada nuovamente in una realtà già data la quale si trovi contro di lui
Hegel, Scienza della logica, Volume II, Sezione II
Così, dunque, anche la logica è tornata nell’idea assoluta, a questa semplice unità che è il cominciamento suo. La pura immediatezza dell’essere, nel quale dapprima sembra estinta o tralasciata dall’astrazione ogni determinazione, è l’idea che per la via della mediazione, ossia del togliere della mediazione, è giunta alla sua corrispondente eguaglianza con sé.
Hegel, Scienza della logica, Volume II, Sezione III