Introduzione a Nietzsche
Videolezione su Nietzsche e testi del filosofo sui concetti centrali attraverso cui si snoda la videolezione
APOLLINEO E DIONISIACO
Avremo acquistato molto per la scienza estetica, quando saremo giunti non soltanto alla comprensione logica, ma anche alla sicurezza immediata dell’intuizione che lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità dell’apollineo e del dionisiaco, similmente a come la generazione dipende dalla dualità dei sessi, attraverso una continua lotta e una riconciliazione che interviene solo periodicamente. Questi nomi noi li prendiamo a prestito dai Greci, che rendono percepibili a chi capisce le profonde dottrine occulte della loro visione dell’arte non certo mediante concetti, bensí mediante le forme incisivamente chiare del loro mondo di dèi. Alle loro due divinità artistiche, Apollo e Dioniso, si riallaccia la nostra conoscenza del fatto che nel mondo greco sussiste un enorme contrasto, per origine e per fini, fra l’arte dello scultore, l’apollinea, e l’arte non figurativa della musica, quella di Dioniso: i due impulsi cosí diversi procedono l’uno accanto all’altro, per lo piú in aperto dissidio fra loro e con un’eccitazione reciproca a frutti sempre nuovi e piú robusti, per perpetuare in essi la lotta di quell’antitesi, che il comune termine “arte” solo apparentemente supera; finché da ultimo, per un miracoloso atto metafisico della “volontà” ellenica, appaiono accoppiati l’uno all’altro e in questo accoppiamento producono finalmente l’opera d’arte altrettanto dionisiaca che apollinea della tragedia attica.
F. Nietzsche, La nascita della tragedia
SOCRATE ED EURIPIDE
Che Socrate avesse uno stretto legame di tendenza con Euripide, non sfuggí all’antichità in quel tempo; e l’espressione piú eloquente di questo fiuto felice è quella leggenda circolante ad Atene, secondo cui Socrate usava aiutare Euripide a poetare. Dai partigiani del “buon tempo antico” i due nomi venivano pronunciati assieme, quando si trattava di enumerare i presunti corruttori del popolo: dal loro influsso seguiva che l’antica e quadrata valentia di corpo e di animo, degna di Maratona, fosse sempre piú sacrificata a un dubbio razionalismo, nel progressivo intristimento delle forze fisiche e spirituali. […] in questo senso è da ricordare specialmente che Socrate, come avversario dell’arte tragica, si asteneva dal frequentare la tragedia, mettendosi fra gli spettatori soltanto quando veniva rappresentato un nuovo dramma di Euripide. Famosissimo è comunque l’accostamento dei due nomi nel responso dell’oracolo delfico, che indicava Socrate come il piú saggio fra gli uomini, ma pronunciava insieme il giudizio che a Euripide spettava il secondo premio nella gara della saggezza.
F. Nietzsche, La nascita della tragedia
L’ANNUNCIO EPOCALE DELLA MORTE DI DIO
“Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio suscitò grandi risa. “E’ forse perduto” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? E’ migrato?” Gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi:“Dove se ne andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e d io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strusciare via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un sterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venir notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina ora? Dello strepitio che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sano e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissipato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di quest’azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dei, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di quest’azione, a una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi”. A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, per essere vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni: eppure sono loro che l’anno compiuta!”
F. Nietzsche, La gaia scienza
IL SUPERUOMO
Il Superuomo, ecco il vero senso della terra. La vostra volontà quindi dica: il Superuomo diventi il senso della terra. Vi scongiuro, o fratelli, siate fedeli alla terra, e non credete a coloro che vi parlano dl speranze ultraterrene! Essi sono dei manipolatori di veleni, sia che lo sappiano, o no. Sono degli spregiatori della vita, dei moribondi, degli intossicati dei quali la terra è stanca: se ne vadano in pace! Una volta il peccato contro Dio era il peggior sacrilegio; ma Dio è morto, e perciò sono morti anche questi esseri sacrileghi. Peccare contro la terra, ecco la cosa piú terribile che si può fare oggi; stimare di piú le viscere dell’imperscrutabile che non il senso della terra! Un tempo l’anima guardava con disprezzo al corpo: e allora questo disprezzo era la cosa piú alta: essa voleva che fosse magro, affamato, orribile. Cosí pensava di sfuggire a lui e alla terra. Oh, quell’anima era essa stessa orribile, magra, affamata: e la gioia di quell’anima era la crudeltà! Ma anche voi, fratelli miei, ditemi: che cosa vi dice il corpo a proposito di questa vostra anima? Non è essa povertà, sporcizia e un miserabile benessere? In verità, l’anima è un sudicio fiume. Bisogna essere un mare per accogliere in sé un sudicio fiume senza diventare impuri. Ecco, io vi insegnerò a diventare Superuomini; il Superuomo è appunto quel mare, in cui si può perdere il vostro grande disprezzo. Qual è l’esperienza piú grande che potete avere? L’ora del grande disprezzo. L’ora in cui la vostra felicità vi farà nausea, e anche la vostra ragione, e la vostra virtú. È l’ora in cui direte: ‘Che mi importa della mia felicità? Essa non è che povertà e sporcizia e un miserabile benessere. Ma la mia felicità dovrebbe giustificare la mia stessa esistenza’. È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia ragione? Ha essa forse, fame di sapere, come il leone di nutrimento? Essa è povertà e sporcizia e un miserabile benessere! È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia virtú? Ancora non mi ha reso furibondo. Come sono stanco del mio Bene e del mio Male! Tutto ciò è povertà e sporcizia: e un miserabile benessere!’ È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia giustizia? Non vedo ancora ch’io sia diventato fiamma ardente e carbone!’ È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia compassione? Non è la pietà la croce cui viene inchiodato colui che amò gli uomini? Ma la mia pietà non è una crocifissione’.
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra
L’ETERNO RITORNO
Le anime sono mortali come i corpi . Ma il nodo di cause , nel quale io sono intrecciato , torna di nuovo , esso mi creerà di nuovo ! Io stesso appartengo alle cause dell’ eterno ritorno . Io torno di nuovo , con questo sole , con questa terra , con quest’ aquila , con questo serpente , non a nuova vita o a vita migliore o a una vita simile : io torno eternamente a questa stessa identica vita .
F. Nietzsche, Così parlo Zarathustra
LA VOLONTA’ DI POTENZA
E sapete voi che cosa é per me il mondo? Devo mostrarvelo nel mio specchio? Questo mondo é un mostro di forza, senza principio, senza fine, una quantità di energia fissa e bronzea, che non diventa nè più piccola nè più grande, che non si consuma, ma solo si trasforma, che nella sua totalità é una grandezza invariabile […] Questo mio mondo dionisiaco che si crea eternamente, che distrugge eternamente se stesso, questo mondo misterioso di voluttà ancipiti, questo mio al di là del bene e del male, senza scopo, a meno che non ci sia uno scopo nella felicità del ciclo senza volontà, a meno che un anello non dimostri buona volontà verso di sé, per questo mondo volete un nome? Una soluzione per tutti i suoi enigmi? E una luce anche per voi, i più nascosti, i più forti, i più impavidi, o uomini della mezzanotte? Questo mondo é la volontà di potenza e nient’altro! E anche voi siete questa volontà di potenza e nient’altro!
F. Nietzsche, La volontà di potenza
IL RITORNO ALLA NATURA
Parlo anch’io di ritorno alla natura, quantunque questo non sia propriamente un retrocedere, quanto invece un andare in alto – in alto verso l’eccelsa, libera, e anche tremenda natura e naturalità, una natura che gioca e può giocare coi grandi compiti.