Introduzione a Tommaso d’Aquino
Videolezione su Tommaso d’Aquino e testi del filosofo sui concetti centrali attraverso cui si snoda la videolezione
Il mondo naturale, le cinque vie, Dio
1. IL MONDO NATURALE, LE CINQUE VIE, DIO
Tommaso d’Aquino nacque nel 1225 a Roccasecca e compì i suoi primi studi presso l’abbazia di Montecassino. A diciotto anni fu mandato a studiare presso l’ordine dei domenicani a Napoli e di qui inviato a Parigi dove divenne discepolo di Alberto Magno. Lo stesso Tommaso cominciò a insegnare all’Università di Parigi nel 1257. Già nel 1259, però, rientrò in Italia dove rimase per dieci anni e attese alla stesura delle sue opere maggiori che possono essere rinvenute nella Somma contro i Gentili e nella monumentale Somma teologica. Nel 1269 Tommaso tornò a insegnare per tre anni a Parigi fino a che, nel 1272 appunto, fece ritorno a Napoli per continuare l’insegnamento presso l’Università dell’ordine domenicano. Nel 1274, il papa Gregorio X inviò il dottore domenicano a un importante concilio che si doveva tenere a Lione ma durante il viaggio Tommaso si ammalò e morì non ancora cinquantenne nel chiostro cistercense dell’abbazia di Fossanova, nei pressi di Terracina. L’intera filosofia di Tommaso può essere letta nell’orizzonte di una razionalizzazione dei contenuti della fede cristiana alla luce dei concetti portanti della filosofia aristotelica. Ciò significa innanzitutto che il filosofo aquinate cercò di dare una dimostrazione dell’esistenza di Dio prendendo le mosse dalla osservazione della costituzione del mondo naturale. Risalire dagli effetti noti all’uomo fino alla causa prima di tali effetti fu la via della ricerca che Tommaso intraprese e svolse nell’articolazione imponente della sua filosofia. In questo senso si dispiegano gli argomenti delle “cinque vie” lungo le quali, nella Summa teologica, il filosofo risale dalla costituzione fisica del mondo alla necessità dell’esistenza metafisica di Dio.
La prima via, la più evidente, si deduce dal moto. E’ infatti certo, e lo constatiamo con i sensi, che nel mondo alcune cose si muovono. Ma tutto ciò che si muove è mosso da altro […]. E’ impossibile che una stessa cosa muova se stessa. Tutto ciò che si muove dovrà essere mosso da altro; e questo da altro ancora. Tuttavia questo non può essere un procedere all’infinito perché in tal caso non vi sarebbe qualcosa che si muove per primo, e di conseguenza non vi sarebbe nemmeno che muove qualcos’altro […]. Dunque si dovrà arrivare a un primo motore che non è mosso da nessuno: e tutti comprendono che questo è Dio.
La seconda via deriva dal concetto di causa efficiente. Vediamo infatti che nelle cose materiali vi è un ordine delle cause efficienti, ma non è possibile rinvenire qualcosa che sia causa efficiente di se stesso. Né è possibile che, nelle cause efficienti, si prosegua all’infinito […]. Quindi si dovrà porre una prima causa efficiente, che tutti chiamiamo Dio.
La terza via è presa dal possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa. Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose naturali possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c’era ente alcuno, è impossibile che qualche cosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no. D’altra parte, negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all’infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all’esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio.
La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano nelle cose. È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuiscono alle diverse cose secondo che si accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; così più caldo è ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente.
La quinta via si desume dal governo delle cose. Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come appare dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d’intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall’arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest’essere chiamiamo Dio.
Tommaso, Summa teologica, I, q. 2, a. 3