I cromatismi del Tyne (tre poesie su Sting)
(Estratte da Giuseppe Cappello, Dì d’infinito, Edizioni del Faro 2016)
I CROMATISMI DEL TYNE
Il ferro dei binari inchioda il grigio uggioso del cielo sulla città del Tyne
Il sibilio arrugginito degli scambi
Stridono i freni sugli ultimi metri della corsa
Scendono con gli strusci neri del carbone sulle guance
La cipria della fatica sul volto dei minatori
Lentamente avvolge le strade la scura cosmesi della notte
Nel locale, fra il fumo, le birre e lo slang,
una voce e il ferro delle quattro corde
Inchiodano la notte alle leggi del cielo
Armonie che tessono le danze dei pianeti nel firmamento
Nelle carni delle nebbie e del carbone, del ferro e della pioggia,
scorre fra le anime il bagliore del blues
TRASFIGURAZIONE DI UN BAGLIORE DEL NORD
Ferro su ferro la pulsazione della città
E’ seduto sulla banchina del porto
Lo tocca un bagliore di un tramonto del Nord
Nell’anima la magia dell’idea
Scende per le sculture dei polpastrelli
Lungo il ferro lo scalpello del suono
Nelle quattro corde l’ordito
Cromatismi aurorali dal mare del Nord
LA NOTTE INDIGENA DELL’INTIMITA’
La chitarra viene su da un anonimato inquieto
L’anonimato del latte e delle nebbie
Del ferro e del carbone
Di un intimità che sa del suo valore pubblico
E il basso entra e spinge
Nel ritmo del piccone dei minatori
Spinge nel ritmo del piccone dei minatori
In levare la siderurgia delle percussioni
La pulsazione della grancassa risoluzione e domanda
Sui quarti pari incede
Nel passo dispari di speranza e disperazione
Spera e dispera l’intimità che sa del suo valore pubblico
Che sa che il mondo potrebbe non raccogliere
Il canto
Ha dentro una luce splendore e conflagrazione
Splendore nel mondo
Conflagrazione in una sola anima sola
La notte scende con la sua oscura coltre
Abito di un istante di fatalità
Nella notte indigena dell’intimo il sonno rapisce gli hertz del sogno