Il futuro in una stanza
Ora dobbiamo pensare alla vita e alla salute delle persone ed è bene che ognuno si occupi di questo. Con una condotta che stia alle indicazioni che vengono dalla scienza a stare a casa e che per altro verso impegni le sue migliori competenze li dove vengano chiamate in causa. I medici e gli infermieri sono in prima linea; i lavoratori delle industrie che producono i generi di prima necessità sono in prima linea; la rete commerciale e i negozi di questi generi sono in prima linea; non è per una questione personale, ma già se non in prima linea subito in seconda ci sono tutti i lavoratori della conoscenza. Che, se il nutrimento del corpo è fondamentale, quello dello spirito, che rappresenta la quintessenza dell’uomo, non è lo è di meno; più semplicemente è che i suoi effetti sulla salute e sulla stessa vita degli uomini si vedono in tempi più lunghi.
Oggi il Papa ha detto che vivevamo in un modo malato ma non ce ne eravamo accorti. Io penso in fondo che ce ne fossimo accorti ma, probabilmente, la malattia era talmente radicata e tossica da non lasciare ai più la possibilità di fermarsi a pensare; e questo è allora un momento per pensare. Siamo chiusi dentro una stanza e possiamo fermarci a pensare.
Pascal sosteneva che tutti i mali che possono venire a un uomo derivano dalla sua incapacità di rimanere a pensare solo dentro una stanza. Ecco, ora siamo obbligati a rimanere in quella stanza e dunque siamo obbligati a pensare. Siamo obbligati a pensare sulle questioni di fondo dell’esistenza e della coesistenza umana. Siamo obbligati ad arrivare fino in fondo a questi pensieri e a fare sulle nostre nostre carni l’esperienza della verità che l’esistenza è coesistenza. Che non vi è nessuna prospettiva privatistica che possa pensare di sradicare dall’uomo la sua essenza: l’essenza di essere un animale sociale. Con un ammonimento che potrebbe essere la vera malattia che, come è successo dagli organismi biologici animali a quello biologico all’uomo, trasmetta il virus dall’organismo biologico dell’uomo ai suoi organismi sociologici.
Per questo, per l’organismo sociologico, sia chiaro: se c’è una radicalità dell’appartenenza dell’uomo alla sua originaria essenza sociale vi è un’altrettanta radicalità dell’uomo alla sua originaria appartenenza alla libertà. La socialità e la libertà si coappartengono nell’anima l’una all’altra come la vita e la salute si coappartengono nel corpo l’una all’altra. Per questo secondo binomio l’evidenza è lapalissiana; per il primo binomio, quello che riguarda l’anima, un po’ meno. Per cui c’è bisogno di dirlo subito, prima che l’epidemia finisca, per non essere presi di sprovvista poi nell’anima come lo siamo stati per i corpi. Per non essere sorpresi a sacrificare la libertà nel pensiero di una presunta efficienza statale. Ai pericolosi nemici della democrazia su cui ci mettevamo in guardia rispetto al sovranismo (che ritornerà più forte di prima anche per l’ottusa complicità della Germania) si aggiungeranno infatti i pericoli che vengono dal pensiero che negli autocratici regimi cinese e russo l’efficienza dello Stato sia stata molto più performante rispetto a quella dei sistemi democratici.
Quando questa pandemia finirà di attaccare il demos nei corpi comincerà a volere da lui anche l’anima: la mescolanza del sovranismo celodurista europeo con la propaganda pietista ed efficientista dei regimi autocratici cinese e russo: sarà una miscela esplosiva che metterà a rischio quello che rimane delle nostre democrazie. E allora lì potremo essere attaccati nell’anima come non mai; li potremo veramente dover ripetere la malattia mortale dei totalitarismi del Novecento; addirittura su scala mondiale e nella loro alleanza. Potremmo essere attaccati, sotto le mentite spoglie del sovranismo europeo e dell’autocrazia cinese, proprio dalla malattia mortale del capitalismo globale. Perché non ci si illuda che, se l’Europa e gli Stati Uniti stanno dando una pessima immagine di sé nel rapporto fra l’uomo e il denaro, sotto le mentite spoglie del sovranismo e del sedicente comunismo cinese non ci sia la stessa concezione dei rapporti dell’uomo con il denaro.
Rimanere chiusi nella stanza deve servirci a questo ora! A proteggerci dal virus dei corpi come da quello delle anime lì dove queste possano essere portate a pensare che il quadrifarmaco di vita, salute, socialità e libertà, possa essere alterato in un dei suoi elementi senza alterare tutta la composizione degli altri elementi. Che possano esserci vita, salute e libertà senza giustizia sociale, come abbiamo pensato sempre di più fino ad ora dopo la caduta del Muro di Berlino, ma anche che possano esserci vita, salute e giustizia sociale senza libertà, come potremmo essere condotti a pensare dopo la fine della pandemia sanitaria.
E allora torneranno buone le meditazioni dentro la nostra stanza dove magari emergano da un libro amico le parole scritte con la penna ma ancora prima con la vita dall’antico Presidente Sandro Pertini: “Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. […] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è la libertà che intendo io”.
Finora, nella legge del cosiddetto turbocapitalismo mondiale, abbiamo visto uomini sempre più solo liberi di bestemmiare: queste erano diventate le nostre città prima che si svuotassero! Che non ci capiti ora, quando torneranno a riempirisi, di dover lasciare le mascherine per lo psicofarmaco del sovranismo europeo e dell’autocrazia cinese; sovranismo e autocrazia in cui la promessa della giustizia sociale non sia in realtà l’ultimo specchio delle allodole perché quei servigi segreti del capitalismo ci tolgano la libertà conquistata nelle centinaia di anni che sono serviti a mettere a punto il vaccino quadrifarmaco della democrazia liberal-socialista che dalla Magna Charta è arrivata fino a quella gemma adamantina che è la nostra Costituzione Italiana.
PS. Per chi proprio non riuscisse a trattenere si suoi entusiasmi filocinesi e filorussi, suggerirei una breve indicazione che Socrate ha immaginato per sé dalle Leggi di Atene: “e un bel po’ di tempo hai avuto, per pensarci su: in settant’anni avresti ben avuto modo di partirtene se noi non ti andavamo bene, o se non trovavi giusti i nostri accordi. Tu invece non optavi per Sparta o Creta, di cui stai sempre a lodare il buon governo, né per nessun’altra città greca o barbara: di qui, anzi, sei partito più raramente di quanto non facciano storpi, ciechi o altri invalidi. A tal punto dunque ti andava bene, enormemente più che agli altri Ateniesi, la nostra città, ed evidentemente anche noi leggi”. (Platone, Critone, 52e-53a)