Il Partito Democratico e Hegel
(pubblicato su ”il Riformista” del 9/12/2006)
Gentile Direttore,
seguo molto, sul Suo giornale, l’ampio dibattito che si sta sviluppando sulla formazione del Partito democratico e Le scrivo, allora, per esprimere la mia opinione sul tema. Devo dire che nutro, su questo progetto, molte perplessità e, fra queste, una in particolare. Ritengo che, se i partiti politici si configurano come l’espressione e la rappresentanza istituzionale di diffuse esigenze sociali, la mancanza a cui presto assisteremo in Italia di un partito di ispirazione socialista non sia assolutamente intonata con i tempi. Su quale sia, infatti, lo stato di molteplice disagio del mondo del lavoro, perfino del mondo del salario direi, le testimonianze non mancano: dai servizi giornalistici più seri fino agli autorevoli richiami che abbiamo ascoltato più volte nelle preziose riflessioni del Presidente della Repubblica. Per altro verso, poi, sorge un’altra domanda. Perché il centrosinistra dovrebbe rinunciare alla stessa presenza di un partito che esibisca chiaramente i segni distintivi dei partiti popolari europei, e, ancora di più, della cultura popolare italiana? Insomma, più che al Partito democratico, ritengo che i politici del centrosinistra dovrebbero lavorare a un progetto per la formazione di due grandi partiti, uno socialista e uno popolare, che possano collaborare nella rappresentanza delle esigenze e nella risoluzione dei problemi degli strati medio-bassi della società italiana. Ho invece l’impressione che la strada intrapresa sia quella di una astratta alchimia che, per dirla con la filosofia, assomiglia sempre di più alla “notte in cui tutte le vacche sono nere”.