La dialettica del cattolicesimo
(pubblicato su “il Riformista” del 07/08/2009)
Caro direttore,
leggo proprio sul Riformista come quella Chiesa che lamenta un mancato richiamo alle radici cristiane dell’Europa si è ora espressa così, attraverso il suo più alto rappresentante, sulla valenza della Rivoluzione francese e più in generale sulla cultura illuminista del Settecento: “Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea”. Sono parole su cui bisognerebbe tagliare corto oppure dilungarsi in un lungo commento. Proverò però a rispondere per le via del mezzo. Basta infatti notare che se vi è una cultura che abbia fatto della ragione uno strumento assoluto è esattamente il cattolicesimo romano con la sua pretesa di dimostrare la stessa esistenza di Dio per la via, appunto, della ragione umana. Di contro, proprio la cultura illuministica, nell’opera del suo rappresentante più alto, Immanuel Kant, risolse la sua cifra ultima nel segno della ricerca razionale di quale fossero gli stessi limiti della ragione. E li individuò proprio nella pretesa della ragione a essere legislatrice sulla stessa esistenza di Dio. Con il che veramente proprio la ragione diventerebbe la misura di tutte le cose, della stessa legittimità dell’esistenza di Dio, e toglierebbe alla fede quello slancio profetico che non ha la sua linfa fra le sicurezze intellettuali dell’infinita sapienza dei teologi quanto nei timori e nei tremori della finitezza delle esistenze degli uomini.