LA GRANDE RITIRATA DEI PROF
Se c’è una trasmissione che vedo con piacere e che in alcuni casi faccio vedere su Rai Play ai miei studenti, nei pochissimi momenti in cui gli concedo uno schermo, è Presa Diretta. Qualche sera fa c’era una puntata sulla scuola. Da alcuni lanci su fb ero preparato al peggio. I teaser della puntata infatti marciavano al grido di battaglia “rimettere lo studente al centro della scuola!”. Populismo didattico bello e buono. E anche ormai datato (vi risparmio le menate sulla scuola finlandese).
Populismo datato, dicevo, perché questo slogan dello studente al centro ormai è divenuto veramente vetusto oltre che insostenibile. Esattamente come l’antipopulismo didattico dei Galimberti e dei Crepet. Datati pure loro dentro il ripetita: i genitori devono uscire dalla scuola. Un dibattito tutto datato perché se c’è un centro ormai su cui unicamente si ragiona nella scuola sono gli studenti. Ma non per la didattica purtroppo. Perché invece il sistema li individua come i clienti; i famosi clienti che hanno sempre ragione. E li dove non arrivano le loro ragioni spesso arrivano, appunto, i loro genitori promettendo al povero malcapitato prof di turno un accesso agli atti con un avvocato che da qualche parte qualche ragione la troverà. Ma anche questo ormai è un tema datato. Perché ormai altro che studenti, genitori e avvocati; in direzione centripeta, con loro, con i clienti, i genitori e gli avvocati, cominciano a comparire e ad essere sempre più gettonati una schiera di soggetti parascolastici inquietanti.
Innanzitutto, psicologi, sociologi, sedicenti formatori e pedagogisti con il compito di mediare; mediare fra docenti e studenti con riunioni più svilenti di quelle di un’anonima alcolisti. Con docenti sempre più in continua e acritica ritirata; quasi inibiti ormai rispetto a se stessi e all’anamnesi dei loro studi e della loro stessa personalità; gente che ha studiato le arti del trivio e del quadrivio fino a impegnarvi tutta la propria giovinezza e la propria vita che si consegnano inspiegabilmente a questa armata di cialtroni tanto ignoranti quanto forti degli strumenti del dominio contemporaneo: slide, anglicismi e roboanti quanto vuoti neologismi della psicometria e della sociometria contemporanee. Con il docente sempre più in ripiegamento con la sua cultura, con la sua stessa vita!
Ma l’invasione barbarica non si ferma! Che poi, in quei pochi spazi che, fra un progetto e l’altro, sono rimasti alla didattica, verso il centro ne irrompono, come direbbero a Milano, “di ogni”! Somministratori di test per la verifica delle attitudini dei clienti alle facoltà delle università private che sono sempre più aggressive e appetite; somministratori di test di misurazione del benessere scolastico; scrittori in erba con la capacità di “capire il mondo dei giovani”; esperti della sicurezza; esperti di questo, esperti di quello; quando va bene, entra in classe un buon prete di strada che con il solo sguardo divinato riesce a capire quali siano gli studenti che fanno uso di droghe.
Insomma, una babele di lingue se non fosse per il fatto che, dopo un primo sguardo ingenuo di analisi culturale, si capisce subito che non vi è nessuna babele. Tutti al centro della scuola, perché al centro della scuola ci sono i soldi! Tanti soldi! Altro che gli studenti! Con la scusa degli studenti al centro, verso il centro i barbari avanzano verso una scuola “non più signora di province ma bordello”. I barbari avanzano e i professori, sempre più spauriti, disorientati, dimentichi di se stessi, retrocedono; retrocedono, retrocedono, retrocedono.
E allora è venuto il tempo di sollevarsi, di farsi sentire: se vogliamo salvare la scuola è tempo che al suo centro vi ritornino i professori! Ma non perché qualcuno ce li rimetta; che nessuno lo farà; sono essi stessi oggi ad essere chiamati a uscire dal torpore, da una soggezione culturale più o meno consapevole; che molti credono di essere all’avanguardia solo perché si portano in classe i ciarlatani più disparati; e più ne portano e più si credono all’avanguardia; mentre giorno dopo giorno si dimenticano dei loro studi; di chi sono, dei giorni, degli anni che hanno passato a studiare Einstein, Manzoni, Platone, Mendel; della vita che a queste letture hanno consacrato e che lentamente si ritrae da loro stessi e con loro dalla scuola; e ritraendosi dalla scuola si ritrae da una società sempre più disorientata … nonostante in essa prolifichino esperti “di ogni” … esperti di niente!