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Home›Res Publica›Le vacche, i buoi e il tafano

Le vacche, i buoi e il tafano

By admin
dicembre 7, 2016
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Credo che, con il referendum appena celebrato, gli Italiani si siano espressi sulla riforma costituzionale, sul governo ma anche, indirettamente, su una storia che è cominciata nel 2006 e che ora a mio avviso giunge volenti o nolenti al suo epilogo. Sulla storia del PD. Pensai subito, nel 2006 (cfr. su questo il mio pezzo ‘Il Partito democratico e Hegel’),  che il sacrificio, nell’area del centro-sinistra, di un’articolazione politica duale, quella dei Democratici di Sinistra e quella del Partito Popolare, non avrebbe portato a nulla di buono. Sia per il sacrificio della parola (che è più di una parola) ‘sinistra’ fra gli eredi della cultura socialista sia per quello della chiara discernibilità dell’intonazione con la nota profonda dell’ethos italiano in dote al cattolicesimo democratico. Mi sembrò allora di poter dire che il partito che sarebbe nato su questo annullamento delle due identità, che avrebbero invece fatto bene a stringere un’alleanza di governo in favore dei ceti medi e di quelli meno abbienti, rassomigliava a una unità indifferenziata come quella hegeliana della «notte in cui tutte le vacche sono nere». Ora dunque che D’Alema e Bersani riscoprono la loro chiara e distinta vocazione socialista vorrei dire che il problema del partito di cui oggi si ergono a esercitare la patria potestà è esattamente il frutto di una loro originaria dismissione del patrimonio che dovevano preservare. Il problema è a monte. E se adesso, a valle, Bersani punta l’indice verso Renzi con il suo gergo per cui «la mucca è diventata un toro» dovrebbe innanzitutto ricordarsi di quando lui, D’Alema e Veltroni liquidarono la parola ‘sinistra’ e costruirono un partito nel buio in cui appunto tutte le vacche diventarono nere. Di queste vacche è figlia la mucca che è diventata un toro. Per mio conto, una volta che ci hanno portato a valle, rivendico la scelta di aver votato SI a questo referendum; dietro la porta del NO non vedevo e non vedo infatti vitelli d’oro ma il pericolo della consegna del Paese ai veri eredi genetici delle vacche nere: coloro che più o meno patentemente rivendicano il combinato disposto di «mogli e buoi dei paesi tuoi». Ma forse ciò che ci aspetta, nel segno del bicameralismo paritario e del sistema proporzionale, è più semplicemente la più leggera e insostenibile  ‘dittatura’ dell’inciucio in un Parlamento che solo a questo prezzo riuscirà d’ora in avanti a esprimere un governo. A meno che non decolli la meritoria e illuminata operazione di Pisapia che possa costituire il piccolo tafano socratico le cui punzecchiature affianchino e destino «il grande cavallo ma per la sua stessa grandezza un poco tardo e bisognoso di essere stimolato» del Partito democratico.

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Chi è Giuseppe Cappello

Giuseppe Cappello è nato a Roma nel 1969.

Dopo gli studi classici si è laureato in Filosofia presso l’Università di Roma «La Sapienza».
Insegna filosofia e storia al Liceo.

Ha pubblicato diverse sillogie di poesia: "Le danze dell’anima" , "Il canto del tempo", "Il gioco del cosmo", "Scuola", "Dì d’infinito" e "Vita nuova".

Autore del libro "Viaggio in Grecia" e ultimamente anche di un CD musicale dal titolo "Days of Infinity".

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