Obama e Berlusconi

(pubblicato su “il Riformista” del 14/07/2009)
Caro direttore,
sono in parte d’accordo sulla diffusa tesi del nuovo lustro che Berlusconi avrebbe ritrovato in virtù del G8 de L’Aquila e sulla luce riflessa che Obama avrebbe proiettato sul Presidente del Consiglio italiano. Sennonché tutto ciò può essere sostenuto solo a patto di pensare che lo smalto del cavaliere si sia ritemprato unicamente al livello del lustro e dell’apparenza. Al fondo, Berlusconi, lontano dai tempi di gloria della «guerra parallela» insieme all’amico George, è divenuto più uno strumento della politica estera del pragmatico Obama che un vero e proprio soggetto politico che si muove nel segno di quelle che sono le sue idee e i suoi stessi modi di essere. La prima testimonianza della subalternità di Berlusconi a Obama e del pragmatismo con cui si muove quest’ultimo nei confronti del governo italiano può essere rilevata in un episodio antecedente al G8. La chiusura del carcere di Guantanamo e la ridistribuzione dei suoi prigionieri su un suolo che non sia solo quello statunitense è cosa che il presidente americano ha nelle incombenze più urgenti della sua politica e non è un caso che il primo paese in cui sia riuscito a ricollocare tre esponenti di Al Qaeda è stata proprio l’Italia di Berlusconi. Probabilmente, quindi, la stessa scelta obamiana, di concedere una parte della luce della sua stella politica sul palcoscenico aquilano al malconcio Presidente del Consiglio italiano, deve essere intesa i due modi: in quello della temporanea ricompensa a chi, unico ancora, si è preso l’onere di accogliere sul proprio suolo degli esponenti del terrorismi islamico e, soprattutto, in quello della chiara scansione del nuovo corso del rapporto che intercorrerà fra i due esecutivi atlantici. Un rapporto, crediamo, in cui la stella che brilla di luce propria sceglie di volta in volta se ritemprare le ombre di un cavaliere dimezzato a seconda di quanto egli si presti o meno ai fini di una politica americana molto lontana da quella dell’amico George.