Totti si spiega con Totti: intender non lo può chi non lo prova
(pubblicato su il Fatto Quotidiano del 31/05/2017)
Stremato dalle emozioni, solo sul far della sera di lunedì ho ricominciato a sfogliare le pagine di internet dove in un sol giorno sono proliferate spiegazioni psicologiche, sociologiche, mitologiche, più o meno improvvisate, alcune di “servo encomio” altre “di codardo oltraggio”, su quanto è successo domenica all’Olimpico; e un sussulto si è levato dentro di me: quello dell’invito a lasciare perdere. Totti si spiega solo con Totti. “Intender non lo può chi non lo prova”. Figuriamoci che lo spieghi ad altri qualche improvvisatore del logos e di una passione mai attraversata. A questa disfida pseudopanlogistica, in cui ognuno degli improvvisatori mi sembra solo voler raccattare miseramente per sé un po’ della luce che ha brillato nello speciale tramonto romano di domenica sera, il logos vero, nell’occasione, non credo che abbia altro da suggerire che la settima proposizione del Tractatus Logicus-Filosoficus di Wittgenstein: “Ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. Chi, di contro, Totti lo ha vissuto e lo ha amato non vuole altro che starsene in pace: con le sue lacrime e questo immenso sentimento. Questo è stato Francesco Totti: l’immenso sentimento che una città, Roma, attraverso il calcio, ovvero “l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo” (Pasolini), ha avuto di se stessa. Roma, un sentimento che quando ti contraccambia e ti ritorna indietro, si legge Amor.