Scuola Antologia Poetica
Caro Cappello,
leggo e rileggo la Sua raccolta di poesie che raccontano con alacrità, gioco, ironia e qualche malinconia, vicende, situazioni, figure, riflessioni della scuola. L’argomento è molto importante, ed Ella ha saputo rinnovarlo e ricrearlo con tanta sapienza e tanta eleganza di parola e di ritmo
Giorgio Bàrberi Squarotti (Torino, 7 aprile 2012)
Le poesie che seguono, sul tema monografico della scuola, sono estratte dai due volumi di Giuseppe Cappello, Dì d’infinito, Edizioni del Faro 2015/2021
La danza dei cristalli
Dimora nella classe il dio
Lì dove fende l’aria il fascio della luce del mattino
Fra i banchi e la cattedra
Fra i banchi e la cattedra si incontrano voci, movenze e sguardi
Danza di cristalli fra i cristalli
Del concetto che rapisce i cuori che battono nel ritmo degli iPod
Della pulsazione della fanciullezza nel concetto
Dell’attenzione a una prima timida parola
Della fiducia che si schiude nelle inquietudini dell’ultima fila
Della penna del primo banco che incide il quaderno per non perdere niente
Della riflessione con l’ironia
Delle menti e delle idee nei vortici del pulviscolo della luce del mattino
Scintilla di una lunga convivenza in cui nasce la letizia
Nutrimento delle anime con il sapore dell’eterno
Il canto dell’ode barbara
Il bisturi è nella mano del concetto
Chirurgici i movimenti di fronte ai loro sguardi
Incidono l’epidermide per i tagli dell’analisi
Le orecchie sui battiti dell’idioma originario
I lemmi dell’essere
Nella cadenza di uno slang contemporaneo
Si schiude la coreografia della sintassi originaria
Il canto di un’ode barbara è l’inno della classe
I tumulti e l’idea
Fra i sussulti dei banchi il loro covo
Fra i legni ed il ferro di un abito di forza
Movenze irriducibili al registro
Cercano piuttosto un capitano nel concetto
La stella lucente dell’idea
Fra i panni di una divisa a squarci e bende
Ragione del bagliore fra le anse della carne
Ragione della terra sul tavolo dei numi
Grafia per il valzer della mente sulla lavagna
Complice indisponibile per un ballo a corte
I sussulti dell’idea sui loro fogli
Nel gergo della primavera il raid del discorso
Ostetrici coreutici
Di fronte un giovane magma
Caotico
Primordiali pulsazioni del paradigma e della retta
Dell’atomo e dell’idea
Si scioglie la parola
Del paradigma e della retta
Dell’atomo e dell’idea
L’incandescenza trova la via del cosmo
Nel paradigma e nella retta
Nell’atomo e nell’idea
Di fronte all’ostetricia della paideia i passi coreutici del cristallo
E intanto due colleghi sono diventati amici
L’entusiasmo dell’uno
Per i corridoi i colleghi sottobraccio
Giocano nel vero il numero e l’idea
Il concetto e la chimica degli atomi
Il paradigma e il verso nuovo
Nella complicità dei registri dell’essere gli sguardi rapiti dall’entusiasmo dell’uno
L’autografo primaverile della grazia
In fondo fa capolino la fanciulla
I toni di una sabbia dorata le scendono sul viso
Ne avvolgono lo sguardo lentiggini
Quali i suoi mille sogni intorno al pensiero
Gravitazioni trasognanti dell’adolescenza
Più avanti condividono da anni il banco
Un gioco tricologico fra la terra e il fieno
Gli occhi si scambiano parole
Dialoghi dei riflussi azzurri su una lena ctonia
I brusii furtivi dell’amicizia
Quindi l’iride verderame
Sponde lacustri pace all’infanzia del torrente
Scorre l’argento sul bianco latte dell’avorio
Un respiro aureo si leva fra le labbra
Si fa parola e ti racconta
Sul banco rosa l’autografo primaverile della grazia
La primavera di Jude
Il rame di occhi verdi intorno al diamante di un’idea
Abili movenze intrecciano la tela dell’azione
Rapida a disbrigare l’inevaso del pomeriggio
Fra una pausa e l’altra dei registri
Si apre una discussione
Le parole sono il sudore di una vita in movimento
Le ascolti
Ma puoi leggerle anche sui geroglifici della pelle
Abiti senza veli della genuinità
Un giorno il freddo ha attraversato la primavera
Ogni forza contratta nell’iride spaurita
Nel dubbio la densità nucleare di un’energia infinita
Ferma
Non avere paura
Ho trovato le parole per dirglielo
I codici dell’innesco benigno
Implosa l’infinita energia
Ogni seme della primavera ha ritrovato il suo fiore
Di nuovo il rame di occhi verdi
La tela dell’azione
Le rapide movenze
I geroglifici della pelle
E un manto di eterno sui banchi
Le increspature dell’etere
Si rompe sul primo sole la geometria inorganica del silenzio
Strusci di banchi e di sedie fra cui ognuno riprende il suo posto
Quali i legni e le pelli di un’orchestra sinfonica
Stridono in principio le corde intorno all’unisono del la
La porta si chiude dietro e spalle
Intorno alla parola e al gesso di nuovo la geometria del silenzio
Una battuta fuori
In quattro quarti
Si scioglie la partitura e ogni anima per la sua chiave
Il primo violino intona l’etere con l’eccellenza
Increspature dell’aria dai flebili fiati dei clarini
Dai contrabbassi i fendenti puntuali
Ed il risuono di un tamburo che sorprende
Le viole forti del loro hertz mediano
Si sfila nel sole del mattino la geometria organica del concetto
Dì d’infinito
Nel libro i versi di una domanda inquieta
L’ansia dell’oltre a una nebbia di memorie
Fra i banchi in scena le risposte
Le vostre movenze e i sussulti
Le gioie e i giorni grigi
L’iride intero dei sentimenti negli sguardi
Il sole e un concetto condiviso
Dì dei bagliori in cui la mia luce s’infinita
D’inverno il dio
Il dio oggi è inverno nella classe
Tossi del calcolo
Lemmi dalle raucedini del mercato
D’impatto lo sciroppo della logica
Amaro a loro
Fatica in me
Sudore sulle carni dell’idea
Quindi un retrogusto dolce negli sguardi che ripensano
Germi di primavera nella deglutizione
Domani forse dall’anima un fiore d’estate
La fenice di Minerva
Lemma su lemma si scioglie la lezione
Un sudore filosofico sulla mia pelle
Nell’iride dei ragazzi lo specchio della secrezione
Intorno alla parola un entusiasmo dermoeidetico
Celeste corrispondenza sulle ceneri delle menti
Fra i cipressi che da Mileto vanno a Tubinga
Sul far del giorno si leva la fenice di Minerva
Il gioco del pensiero
S’incontrano nella classe i nostri giorni e ieri
Vicendevoli le trasfigurazioni
Lo spirito di un antico filosofo viene su al tempo
E i nostri giorni scendono giù nel concetto
Il silenzio è intorno e un brivido lo attraversa
Sgomenti nel gioco del pensiero
Trascolorano l’uno nell’altro i dì e l’eterno
D’inverno io e lei
D’inverno io e lei
Scendiamo giù per le vie del logos
Nei sotterranei antri della lingua e del pensiero
Fino al bagno nella fonte carsica dell’essere
E risaliamo
In superficie la parola e l’idea
Umido a una giovane sementa
Con la notte la pausa del libro
Nella zolla del capricorno la danza congerminale dell’amaranto
Destino di luce nel germoglio dell’astro settembrino
L’inno alla gioia del domani
Ogni volta sulla pelle le scorre la lezione
E scende nelle carni dove incontra il regno dell’inquieto
Le rivoluzioni esistenziali dell’adolescenza
Giorni in cui è guerra ogni ricerca della pace
E la rosa della primavera si colora del bianco ghiaccio della neve
Si incurvano le esclamazioni dell’infanzia
E il punto di domanda è l’arco dello strale
S’interrogano i dì con il sapere del passato
S’interrogano nel rogo di Eraclito
Discorde armonia per le risposte della lira
Note su cui s’intona l’inno alla gioia del domani
L’accento barbaro del logos
Per lui era un giorno come un altro
Lo derubò però l’asfalto
Senza senso a lui il furto del padre
Lo interrogo oggi
Nel quaderno i segni di una grafia intelligente
Ma l’accento cade barbaro sulle parole
Cade barbaro l’accento sulle ore dello studio
Sui giorni interi
Di un’adolescenza già in cerca del bandolo del tempo
Le domande della filosofia non hanno una risposta
Ma quando lui interroga la vita
Quale filosofia a rispondergli
In un angusto spazio devo scrivere l’insufficienza
In un angusto spazio si muove il bisturi
Quando incide la ferita
Dolore su dolore per disinnescare la scheggia nelle carni
Lì non possiamo lasciarla però
Fra i surrogati spirituali di un’ingannevole morfina
E il filo della matassa cerca nell’ago l’intelligenza
Per continuare nell’incisione
E chiudere lì dove trabocca il sangue
Ma la parola tace
Per non cadere anche lei sotto un accento barbaro
Gli stringo l’avambraccio
Solo nella carne ho trovato oggi la risposta
L’ancella del pensiero
Ci si scende alcune volte
Lì dove il pensiero non trova la porta del giardino
Intorno ogni maniglia libera la corda della mannaia
E scende giù la ghigliottina della contraddizione
Lama che fende anche il respiro dell’immaginazione
Ci si scende alcune volte
Ci scende però anche la parola
Ancella del pensiero
E quindi sua levatrice
Del parto del dialogo
Pensa e parla
E ascolta
E parla e ascolta ancora
Ed amerai
Baci nella villa in cui ogni porta dà sul giardino
Di fiore in fiore
Suona la ricreazione e si sciolgono i ranghi
Ma il gioco continua
Su e giù per le scale
O nel giardino
Fra una carta veloce per la burocrazia e un caffè
Api di fiore in fiore
In un continuo prendersi perdersi e riprendersi
Mescolanza rapsodica e intelligente
Miele dall’eros del caso con la necessità
Le spalle del volley
Le spalle del volley
Nel levigato della primavera
pH che è sapiente apnea della carne
Planata onniaderente del pensiero
Una coltre di lentiggini
Ovociti di immagini di corse e di rincorse
Giochi nel sole sulla sabbia del Sahara
Geografie di fine anno
Gli ultimi giorni nella compulsione delle carte
Per chi resta fra i banchi o esce dal gioco
La geometria del concetto ha trovato la sua quadra
E respira lungo le linee del campo di calcetto
Tagli in diagonale e semicerchi oltre l’uomo
La sfera terra aria nelle equazioni della forza
Il collo e l’esterno cercano l’angolo del cuoio
La mano si distende sotto i legni
Sulla terra il loro ardore segna gli autografi dei giorni verdi
Nel manto di periferia i virgulti del tappeto dell’Olimpico
L’inquilino del silenzio
Si chiudono le finestre
Ed i cancelli
La tela del sapere annuale inquilino del silenzio
Anime di numeri e idee nella notte estiva della scuola
S’incontrano fino al simposio di Ferragosto
Nella festa fantasmagorica del pensiero
Poi un sonno metempsicotico
Si riaprono le finestre
Numeri e idee al risveglio fra i nuovi volumi
E ricomincia il rito dell’astrazione
Il fiore del’etere
Una selva d’innesti
Chi insegna con chi apprende
Chi apprende con chi apprende
Chi apprende con chi insegna
Chi insegna con chi insegna
Chi insegna con chi guida
Chi guida con chi apprende
Chi apprende con chi spazza
Chi spazza con chi apprende
Linfa dentro linfa
Orbitali vorticosi del pirrolo
Sull’asse del magnesio
La luce li attraversa
Si avvitano nel cielo
Astri intorno al sole
Il fiore dell’etere si schiude
Il pendolo del dio
Prima dell’alba la sveglia del mattino
Si stirano riluttanti le membra
Le palpebre rilasciano Morfeo
Accanto in un fazzoletto di letto il suo sonno
Naso a naso la figlia con la madre
Nei respiri si rinnova il cordone dell’ombelico
Volti trasognanti l’uno verso l’altro
Su di loro un bacio e mi alzo
Veloce l’acqua sul viso e la soluzione del caffè con il latte
Carburante dell’antimeridiana
In fretta i vestiti ed esco di casa
Passo su passo nell’umida oscurità incontro i fari del treno
Quindi i sobbalzi del ferro e i sibilii degli scambi
Il primo squarcio dell’alba sanguinolento dai finestrini
I binari aprono a ovest la curva
Si leva il mattino sul mare
Tangenziale salsedine del ferro
Fra i moli dei libri l’approdo nella classe
Le volontà riluttanti si raccolgono piano
E cresce lo spirito intorno a un dilemma
In caratteri matematici o nel sanscrito della musica il libro della natura
La fatica per le parole del vero
Nel movimento dell’uno nell’altro
L’uno con altro nell’uncinetto del numero e della nota
E anche oggi la tela è tessuta
Stanco ritorno
Ma pago
Il mare lungo la costa
E i binari chiudono a ovest la curva
Una lenta consegna
Il verde dell’agro romano trapassa nel mattone dell’Urbe
Fra i sobbalzi del ferro e il sibilio degli scambi
Passo su passo nella città
Fino alla strada del sale
Li dove sfuma di nuovo il tetris del travertino
Il treno si ferma e risalgo al mio colle
Chiave su chiave il giaciglio
Ti vedo
Nel gioco speculare dei neuroni la gametogenesi del sentimento
Dalla radice gastrica si schiude nel petto
Un’onda si innalza per tutte le membra
Il vortice risolve e ti stringo
Nel pile dell’amore
Coperta d’eterno
I lazzi ed i baci
Lancette d’infinito nel pendolo del dio
La tonica della libertà
La bacchetta libera l’eccellenza dei violini
Sostiene i flebili fiati dei clarini
Rincula alla sciabolata della grancassa che sorprende
Sulla briglia ha l’hertz mediano delle viole
Si abbassa quindi
Perché la sinfonia cammini nella luce dell’eclissi maieutica
Ma il cielo di note si oscura a volte nella notte
Si scompongono le corde, i legni e le pelli
La polifonia scivola sull’uscio del disordine
Rientra allora la bacchetta fra le righe
Per levarsi su fino a un do di petto
Il raid del sole a mezzogiorno intesse la pausa in semibreve
Nel silenzio ognuno ritrova la sua chiave
E si riadagia lentamente nel suo ordito la tela dei suoni
Infine alla tonica della libertà
Il riabbraccio della marea
Lustro su lustro le domande
Increspature dell’acqua a risolvere sul bagnasciuga
S’impregnano dei sali della terra
Le risposte del paradigma e della retta
Dell’atomo e dell’idea
Quindi si riaprono i nodi al mare
Fino ad un limo nella terra del destino
Il seme dell’intimo si schiude
Policromia di petali nel sole
Scende la notte e si alzano i colori nella costellazione
La marea un riabbraccio alla bacchetta antica












