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Introduzione a Spinoza

By admin
ottobre 25, 2013
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Videolezione su Spinoza e testi del filosofo sui concetti centrali attraverso cui si snoda la videolezione

L’esigenza della filosofia, l’intellettualismo etico, la sostanza, gli attributi, i modi, natura naturans e natura naturata

1. L’ESIGENZA DELLA FILOSOFIA

Baruch Spinoza nacque ad Amsterdam nel 1632 da genitori ebraici che si erano spostasti dalla Spagna delle persecuzioni religiose nella tollerante e pacifica Olanda. Nella comunità israelitica, il giovane Spinoza studiò a fondo i testi della tradizione religiosa e, in base al precetto per cui ogni ebreo doveva imparare un mestiere, imparò l’arte della lavorazione e della pulizia delle lenti. Quindi, a venti anni, cominciò a studiare le scienze e la cultura classica latina greca; a questi studi si aggiunsero le letture dei filosofi moderni, Cartesio, Bacone e Hobbes. L’elaborazione di una propria filosofia lo portò lontano dalla cultura teologica ebraica e nel 1656 fu scomunicato dalla sinagoga e costretto ad allontanarsi da Amsterdam. Si spostò nei pressi dell’Aja e visse dei frutti del suo lavoro sugli strumenti ottici. Intanto attendeva alla stesura di opere che rivoluzionarono il pensiero moderno e in virtù delle quali la cultura occidentale cessava di essere solamente giudaico-cristiano. In questo senso tutti i temi della filosofia, da quello ontologico a quello gnoseologico, da quello antropologico a quello morale, confluirono nella magistrale sintesi dell’Ethica more geometrico demonstrata. Il capolavoro di Spinoza uscì pochi mesi dopo la morte del filosofo che avvenne nel 1677; postumi furono anche pubblicato, con l’esplicita l’attribuzione all’autore, il Trattato sull’emendazione dell’intelletto , steso nel 1661, e il Trattato teologico politico, ultimato nel 1670 e pubblicato, in questo anno, in forma anonima.

Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato che tutto ciò che accade nella vita comune è vano e futile; e vedendo che tutto ciò che era per me causa e oggetto di timore non aveva in sé nulla né di bene né di male, se non in quanto l’animo ne fosse turbato, decisi finalmente di indagare se si desse qualcosa che fosse un bene vero e partecipabile, dal quale soltanto, respinti tutti gli altri beni, l’animo fosse affetto; soprattutto se si desse qualche bene che, trovato e acquisito, godessi in eterno di una continua e somma letizia.

Questo è il famoso incipit del Trattato sull’emendazione dell’intelletto con cui Spinoza dichiara il senso della sua speculazione filosofica. Egli si accorge della caducità dei beni mondani e della loro inadeguatezza a soddisfare le esigenze specifiche dell’essere umano; quindi individua nella vita contemplativa il termine ultimo in cui si risolvono l’essenza, il bene e la felicità dell’uomo. Solo “nell’ unione della mente con la natura” il filosofo olandese rinviene quell’orizzonte che è in grado di realizzare l’uomo nella sua piena natura e di orientare, conseguentemente all’acquisizione della conoscenza teoretica, la sua stessa attività pratica.

 

2. I GRADI DELLA CONOSCENZA E DELLA MORALE

In Spinoza vi è un’intima persuasione che l’evoluzione intellettuale sia la via per cui l’uomo giunge anche alla emancipazione del comportamento e al raggiungimento della felicità. E infatti, nell’Ethica, egli studia quali siano i gradi della conoscenza dell’uomo e quale risvolto morale essi implichino una volta che li si raggiunga. Il filosofo ritiene che vi siano tre ordini successivi di conoscenza a cui seguono rispettivamente tre ordini successivi dell’agire dell’uomo e del suo stesso stato esistenziale. La prima forma di conoscenza è, secondo Spinoza, la conoscenza sensibile: è la conoscenza che si limita a cogliere i dati della realtà in maniera isolata e senza un ordine; la conoscenza che mette capo a idee “oscure confuse”. Chi non ha altro che questo tipo di conoscenza non ha alcuno strumento di interpretazione della sua stessa natura e dunque è subisce le sue passioni senza saperle ordinare verso qualsivoglia fine pratico soddisfacente. L’uomo che si eleva al secondo ordine di conoscenza è colui che passa dalla conoscenza sensibile alla ragione: è l’uomo della scienza moderna che attraverso i concetti di estensione, figura e movimento riesce a intendere la realtà che lo circonda come un insieme di cose connesse e ordinate secondo il principio di causa; un uomo che riesce ad avere idee “chiare e distinte”. A questa capacità intellettuale segue anche la capacità etica di agire secondo la virtù: l’uomo conosce la sua stessa natura e riesce a dirigere in maniera intelligente le proprie emozioni. Il supremo orine di conoscenza è la conoscenza intellettuale. E’ la vera e propria conoscenza filosofica con cui la mente dell’uomo si ricongiunge pienamente con l’intero sistema della realtà e ne comprende la sua intima struttura e la sua unitarietà. Da questo stato conoscitivo discende per l’uomo il sommo bene, la piena felicità, che il filosofo indica con il nome di letizia.

Da quanto abbiamo detto appare chiaro che noi percepiamo e formiamo nozioni universali: 1) dalle singole cose che rappresentateci dai sensi in modo mutilo, confuso e senza ordine per l’intelletto, e perciò sono solito chiamare tali percezioni conoscenza da esperienza vaga; […] 2) dal fatto che abbiamo nozioni comuni e idee adeguate delle proprietà delle cose; e questo genere di considerare le cose lo chiamerò ragione e conoscenza di secondo genere. Oltre a questi due generi di conoscenza, poi, ce n’è ancora un terzo che chiamerò scienza intuitiva. E questo genere di conoscenza procede dall’idea adeguata dell’essenza formale di certi attributi di Dio ovvero della Natura.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XL, Scolio II

In quanto un uomo è determinato a fare qualcosa per il fatto che ha idee inadeguate, non si può assolutamente dire che agisca per virtù; ma lo si può dire solo dal fatto che comprende.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XXIII

Agire assolutamente per virtù non è altro per noi che agire, vivere e conservare il proprio essere sotto la guida della ragione, e ciò sulla base della ricerca del proprio utile.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XXIV

Siamo lieti per tutto ciò che comprendiamo con il terzo genere di conoscenza, e questa gioia è accompagnata dall’idea di Dio, ovvero la Natura, come causa.

Da questo genere di conoscenza nasce la più grande soddisfazione della Mente che possa esistere, ossia la Letizia, accompagnata dall’idea di sé e quindi anche dall’idea di Dio, ovvero la Natura, come causa.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XXXII

 

3. LA SOSTANZA

La conoscenza intellettuale, quella in cui la mente si fa una cosa sola con la natura, intuisce innanzitutto la piena identità tra Dio e la Natura. Il concetto di Dio si risolve completamente nel concetto della Natura; così come il concetto della Natura si risolve completamente nel concetto di Dio. In Spinoza Dio è il mondo e, viceversa, il mondo è Dio. Dio, quindi, non va inteso nel senso del Dio personale della teologia ma come la realtà del tutto impersonale di una sostanza unica, ingenerata, imperitura, infinita, eterna e senza scopo. Una sostanza, che per la sua stessa definizione, deve a se stessa la propria esistenza e il principio della sua intellezione. Per riassumere: Dio e mondo coincidono e tale identità si risolve nella sostanza. Sostanza che è principio ontologico impersonale di una realtà che non ha conosciuto un inizio e non conoscerà una fine.

Per sostanza intendo ciò che è in sé e per se si concepisce; ossia ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa dal quale debba essere formato.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Definizione III

 

4. GLI ATTRIBUTI

La sostanza di Spinoza è infinita ma non indefinita; piuttosto essa si articola in infiniti attributi. Di questi infinti attributi, la mente dell’uomo ne conosce, dal canto suo, solo due: l’estensione e il pensiero. Ciò che in Cartesio si presentava come eterogeneo, in Spinoza, al contrario è assolutamente omogeneo: il pensiero e l’estensione non sono due sostanze irriducibili l’una all’altra, la res cogitans e la res extensa; piuttosto, essi sono due manifestazioni infinite della stessa sostanza.

Per attributo intendo ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua stessa essenza.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Definizione IV

 

5. I MODI

Il sistema della realtà si esplica, da ultimo, nei modi. Questi sono le concretizzazioni particolari della sostanza attraverso gli attributi. Spinoza distingue fra modi infiniti e modi finiti: il movimento e la quiete sono i modi infiniti dell’estensione; l’intelletto e la volontà sono i modi infiniti del pensiero. Tali modi infiniti si specificano nei modi finiti che sono, da ultimo, le manifestazioni concrete della realtà: un certo corpo o un certo pensiero, rispettivamente all’estensione e al pensiero.

Per modo intendo le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro per mezzo del quale anche è concepito.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Definizione V

 

6. NATURA NATURANS E NATURA NATURATA

Richiamiamo su questo punto, che può essere l’occasione di un riassunto di quanto si è detto finora, un passo di Nicola Abbagnano. Scrive lo storico della filosofia: “La sostanza di Spinoza è la natura come realtà infinita ed eterna, che si manifesta in un’infinità di dimensioni, gli attributi, e si concretizza in un’infinità di maniere d’essere, i modi. Per cui quando Spinoza distingue fra Natura naturante e Natura naturata vuole indicare la natura come causa e come effetto di se stessa. La Natura naturans è la natura come attività produttrice infinita mentre la Natura naturata è la natura come infinito prodotto di se se stessa. La Natura è madre e figlia di se stessa e niente esiste fuori di lei”.

Nella Natura non vi è nulla di contingente, ma tutte le cose sono determinate dalla necessità della divina Natura ad esistere e a operare.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XXIX

Prima di passare oltre voglio qui spiegare, o piuttosto far notare, che cosa dobbiamo intendere per Natura naturans e per Natura naturata. Ritengo infatti che, da quanto precede, risulti che per Natura naturans dobbiamo intendere ciò che è in sé e per sé è concepito, ossia quegli attributi della sostanza che esprimono un’essenza eterna e infinita, cioè (per il Cor. I della Prop. 14 e il Cor. 2 della Prop. 17) Dio, in quanto è considerato causa libera. Invece per Natura naturata intendo tutto ciò che deriva dalla necessità della natura di Dio, o di ciascuno dei suoi attributi, in quanto considerati come cose che sono in Dio e che non possono essere né esser concepite senza Dio.

Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, Proposizione XXIX Scolio

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Chi è Giuseppe Cappello

Giuseppe Cappello è nato a Roma nel 1969.

Dopo gli studi classici si è laureato in Filosofia presso l’Università di Roma «La Sapienza».
Insegna filosofia e storia al Liceo.

Ha pubblicato diverse sillogie di poesia: "Le danze dell’anima" , "Il canto del tempo", "Il gioco del cosmo", "Scuola", "Dì d’infinito" e "Vita nuova".

Autore del libro "Viaggio in Grecia" e ultimamente anche di un CD musicale dal titolo "Days of Infinity".

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