Eluana. L’abdicazione della parola
(pubblicato su il Riformista del 20/11/2008)
Sinceramente non capisco l’abdicazione dell’intelligenza rispetto al suo compito quando la Chiesa, pretendendo di parlare alle leggi dello Stato, perde di vista il suo interlocutore naturale: l’anima. Il ruolo pastorale, per esempio rispetto al magistero sulla bioetica, dovrebbe essere quello rivolto alla consapevolezza interiore dell’individuo per cui il cristiano abbia la possibilità di guadagnare quell’orizzonte spirituale grazie a cui egli non interromperebbe mai la vita di una persona che si trova nelle condizioni di Eluana Englaro. E nessuno Stato moderno, compreso quello italiano, metterebbe in discussione il diritto di questo individuo a vivere secondo il suo spirito. Dal caso Welby a quello Englaro, invece, la Chiesa sembra più preoccupata di assicurarsi che il veicolo della sua spiritualità verso le coscienze dei fedeli siano le leggi dello Stato piuttosto che la sua missione evangelizzatrice. Quindi, da Welby alla Englaro, continuo a non capire: se quella della Chiesa sia appunto un’abdicazione dell’intelligenza rispetto alla parola di Cristo o, sempre rispetto a essa, un’inconscia ammissione di inadeguatezza pastorale.