La Coppa di ebano e avorio
(pubblicato su il Fatto Quotidiano del 18/07/2018)
Dunque ha vinto la Francia. E niente vi è stato di più bello che vedere passare la Coppa del Mondo fra polpastrelli di bianco e di nero. Testimoni scalpitanti di sorrisi che ancora prima del colore esprimevano il calore della mescolanza. Una vera Coppa del Mondo. Che non è andata in un angolo del mondo. Bensì ad una squadra che ha rappresentato il mondo. O l’idea che, pure nelle sue contraddizioni, dovremmo avere di esso. Il pensiero dell’ideatore originario della stessa democrazia, l’ateniese Clistene, la cui parola d’ordine, scrive lo storico Domenico Musti, fu quella del «mescolare». E così, nella mescolanza fra i colori di Mbappé e di Griezmann, la Coppa prenderà la via dei Campi Elisi fino a giungere sotto l’Arco di Trionfo. Lì dove ci piace immaginare che ancora prima della Marsigliese risuoneranno le note di un duo d’eccezione. Quello in ebano e avorio di Paul McCartney e Steve Wonder che negli anni Ottanta, raccogliendo lo spirito di un tempo che aveva ancora la forza dell’augurio, cantavano: «Ebano e avorio, vivono insieme in perfetta armonia / L’uno accanto all’altro come i tasti del mio pianoforte / O Signore, perché non anche noi?». Lo cantavano Paul McCartney e Steve Wonder e, in questo tempo assai buio, sembra ancora che lo possiamo immaginare nella luce dell’abbraccio fra Mbappé e Griezmann. Quell’abbraccio fra l’ebano e l’avorio dentro cui solo può essere coltivato e realizzato per l’uomo il sogno dell’oro.