Il ministro dell’acultura e la fine della Primavera
(pubblicato su la Repubblica del 2/08/2018)
Il politologo Giovanni Sartori scrisse lucidamente come, nella prospettiva dello sviluppo delle società democratiche, «ad ogni incremento incremento del demo-potere debba corrispondere un incremento del demo-sapere». Un’antica equazione che già Pericle, il più grande politico della democrazia atenise, aveva ben presente quando introdusse il theorikòn ovvero una elargizione di denaro per i cittadini meno abbienti affinché essi potessero assistere alle rappresentazioni teatrali delle commedie e delle tragedie. Si preoccupava, Pericle, nella prospettiva di una società democratica, che nella politeia, la vita pubblica, scorresse dappertutto la linfa vitale della paideia, la formazione dell’uomo. Che al demo-potere corrispondesse un demo-sapere. Ora il ministro della cultura Bonisoli, espressione di coloro che si dicono amici del popolo, i 5S, ci ha fatto sapere che il governo abolirà l’istituzione delle domeniche in cui i ceti più disagiati potevano avere accesso ed essere magari incoraggiati, per esempio, alla fruizione della Primavera di Botticelli agli Uffizi. Con il che innanzitutto viene certamente aggredita l’equazione fra la politeia e la paideia che è alla base di ogni vera società democratica. E stroncata alla radice anche quella occasione per cui un bambino delle periferie, in una gita familiare nel centro della sua città, possa incontrare, in un colpo di fulmine con la bellezza, quella primavera che gli possa ispirare la forza, la voglia e la strada di un riscatto sociale. Nella società della crisi delle ideologie in cui il vero e il buono non sembrano più avere la forza di lasciare sbocciare il loro germoglio, sentiamo spesso ripetere l’adagio dostoevskijano che vi è forse rimasto almeno il bello a salvare il mondo. Evidentemente il Ministro dell’Acultura non la pensa così e lascerà che anche il germoglio del bello sfiorisca con la sua ultima speranza di primavera.