Alitalia. Prodotto strutturato
(pubblicato su ”l’Unità” del 12/10/2008)
Gentile direttore,
se vi è una nota positiva in questo requiem quotidiano, che con le sue battute scandisce i servizi di ogni genere di media, è l’innalzamento del tasso generale di alfabetizzazione economica. Non vi è forse più nessuno, ormai, che non sappia cosa sia un prodotto strutturato o derivato: le banche prestano dei soldi a chi vuole comprare una casa e poi vende questo debito che l’acquirente ha contratto con loro sotto forma di azioni. Abbiamo anche capito che molti acquirenti, richiamati dalle sirene delle banche, non hanno avuto la forza economica di onorare il debito contratto e così chi aveva comprato le azioni legate a quei debiti ha speso delle banconote e si è ritrovato a essere titolare di cartastraccia. I banchieri non hanno sorvegliato su questo meccanismo e piuttosto vi hanno speculato; i politici non hanno sorvegliato e, in Italia, ci hanno addirittura provato. Sappiamo, infatti, che il governo ha venduto alla famosa cordata italiana la parte in utile di Alitalia; i debiti invece li ha venduti al contribuente, ai cittadini. Va bene, nel nome della italianità investiamo su questo debito e speriamo che la compagnia nazionale ci possa rendere un giorno degli utili, avrà abbozzato il cittadino con il maggiore senso della patria. Sennonché, dalla preziosa Milena Gabbanelli, siamo venuti a sapere che anche dentro queste azioni qualcuno ci aveva infilato un derivato degno di quelli della Golden and Sach. Nel decreto che doveva riordinare le finanze dell’Alitalia, il governo ha pensato bene di metterci una norma con cui si facevano cadere tutte le responsabilità di coloro che sono stati gli artefici dei peggiori crack finanziari degli ultimi decenni. Sono queste, fino a ora, le misure con cui i nostri politici si stanno preoccupando delle sorti della nostra economia e della nostra finanza. E’ il caso allora di concludere: “dai nostri governati mi guardi Dio che dalla crisi economica mi guardo io!”