Il tentativo di Francesco: Dio con Darwin?
(pubblicato sulla Rivista Aspasia il 27/10/2014)
Ho appena letto di come Papa Francesco, in un discorso all’Accademia Pontificia delle Scienze, abbia proposto una conciliazione addirittura necessaria del dogma della creazione con la teoria dell’evoluzione, poiché, sostiene il pontefice, “l’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di creazione, perché l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono”. E questo, nella visione cristiana, e, più in generale di ogni teismo, per cui il cosmo è un creato, può essere anche vero (a patto di preservare il ruolo del caso all’interno della teoria dell’evoluzione e ripensare consequenzialmente la figura di Dio sottraendole la capacità di determinare in maniera finalistica la stessa evoluzione come fanno i teologi più avveduti quale il gesuita Padre George Coyne). Sennonché qualora si distingua rettamente il concetto di creato da quello di natura, quale la intendevano originariamente i filosofi greci e come continua a intenderla ogni filosofo naturalista, le cose debbono essere lette in una prospettiva completamente diversa. La natura, infatti, in ogni mente greca e per il naturalismo in generale, è un soggetto imperituro e ingenerato, cioè eterno, la cui stessa etimologia, physis, ovvero generazione, rimanda per l’appunto, più che ad un oggetto che ha la vita (la riceve dall’esterno) a un soggetto, vale a dire a un’attività, che è essa stessa vita; vita che è, volendo scendere ancora più in profondità nell’etimologia, il continuo ‘venire alla luce’ (phyesthai) in ogni suo specifico regno dell’essere. Si può leggere in tal senso il frammento 30 del Peri physeos di Eraclito per avere una chiara distinzione di quanto ne corra fra il concetto cristiano del creato e quello greco della natura; scrive il filosofo di Efeso in una sintesi mirabile: “Questo ordine universale, che è lo stesso per tutti, non lo fece alcuno tra gli dèi o tra gli uomini, ma sempre era è e sarà fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura”. Risulta chiaro, da queste parole, come la natura, di fronte ad Eraclito sia un processo di continuo divenire biologico (inteso con la metafora del fuoco) che, dice il filosofo, “sempre era, è e sarà”; è ingenerata e imperitura, in una parola, eterna. Non deve perciò ad alcun dio ne ad alcun l’uomo la sua esistenza (né tantomeno il suo ordine). E, in questo orizzonte, conciliando allora sì, rettamente, il concetto di evoluzione con il concetto di natura si legge in una testimonianza aristotelica sul pensiero di Empedocle che risulta alquanto sorprendente per come pone in poche parole e in un’età così antica tutti i concetti fondamentali della teoria darwiniana: “Quegli esseri poi, in cui tutto si è formato come se fosse accaduto in vista di un fine, si sono conservati per il fatto che dal caso sono stati costituiti in modo appropriato; quegli esseri viventi, invece, in cui tutto ciò non è accaduto, sono periti o stanno perendo”. Questo pontefice crediamo, per concludere, rende ogni giorno onore, per rimanere alle etimologie, alla missione che gli indica innanzitutto il suo nome, vale a dire all’opera di ‘gettare ponti’ (pontifex); ma allo stesso tempo, crediamo, la via maestra sulla strada dell’avvicinamento in chi crede in un cosmo creato con chi invece pensa a un cosmo natura non possa essere altra che quella della distinzione rispettosa delle identità di ognuno; quel rispetto che deve tenere lontani, anche chi è in buonissima fede, anzi, signore della fede, dal risolvere nel proprio punto di vista concetti che sono totalmente alieni e irriducibili a quel punto di vista al tempo stesso assolutamente rispettabile e relativo.