Sinistra. Il filo(bus) del ragionamento
L’agonia trentennale che ha scandito l’estinzione finale di ciò che poteva rimanere vivo del PCI ha avuto due fenomenologie; da una parte quella del ritiro in un’ideologia cieca che è andata in onda sulle frequenze di Rifondazione Comunista e dei suoi derivati; per altra parte quella della sortita di una tattica vuota che sempre di più ha caratterizzato la componente riformista fino allo perdita del segnale radio del PD. In questa duplice consapevolezza, che forse è quanto di più prezioso si possa augurare a chi si dimena come il sottoscritto fra le ceneri di un’auspicabile fenice, un appuntamento elettorale molto in sordina e apparentemente di second’ordine arriva invece a segnare più di quanto non sembri l’occasione dell’inizio per un un giro di boa. Si tratta del referendum, promosso dai radicali, sella concessione ai privati della gestione del servizio della mobilità cittadina romana; degli autobus, delle metropolitane e dei tram di Roma. Non celo che in ordine a ciò il mio primo istinto mi ha spinto a considerazioni anche brutali in favore della concessione ai privati; del resto la situazione di come a Roma funzioni ogni cosa legata all’amministrazione di ciò che è gestito e interpretato dal pubblico lascia spazio a più di un istinto brutale; ci consegna anzi spesso, quando siamo per le strade, quasi ad istinti omicidi. Sennonché fra qualche discussione abbozzata e una più lunga rimeditazione sugli orizzonti di una futuribile rinascita della sinistra interviene appunto la necessità di dimenarsi anche qui nella dialettica fra un’ideologia cieca e una tattica vuota. Per provare a lasciarsi entrambe alle spalle. E così appunto la tiepida occasione di un referendum amministrativo diventa l’occasione di una riflessione tutta politica; addirittura, direi, metapolitica. Perché, in fondo, il fuoco che brucia sotto le ceneri di questo referendum è quello del principio da scegliere per poi poter scegliere. Res publica o privata? In questi specifici termini va formulata la domanda. Già quelli di pubblico o privato ci risospingerebbero gli uni verso l’ideologia cieca e gli altri verso la vuota tattica. La sinistra infatti, oggi, sui principi, deve certamente riguadagnare il suo respiro visivo sull’orizzonte della res publica. Ciò che ne costituisce nei tempi dei tempi l’essenza. E però ciò che non le è concesso è di rinchiudersi in questa essenza senza che essa non si adopri con ogni suo sforzo per aprirsi alla declinazione dell’esistenza. E’ questo l’orizzonte del pensiero che l’occasione di un apparentemente tiepido referendum bisogna tesaurizzare. Quella di riportarci alla meditazione sulla ricalibratura generale della sinistra nella dialettica fra essenza ed esistenza; fra ciò che essa è al di la di ogni tempo e come questo debba essere declinato nel tempo. E’ questo il filobus su cui muoversi per la res publica: oltre una tessera scaduta da una parte e un biglietto senza più una nemmeno pallida vidimazione dall’altra