Corona e Parlamento al tempo dei talk show
Spendere l’ennesima opinione sul corona virus direi che è superfluo; piuttosto credo sia meglio ritrarsi da quel gioco, ormai panendemico alla società contemporanea, che fa si che l’informazione non riesca ad esprimersi se non nella deformazione della spettacolarizzazione segnata dalla cupiditas dicendi omnium in omnia. Probabilmente i medici, pure loro fisiologicamente non sempre d’accordo e in qualche caso patologicamente non immuni dal protagonismo mediatico, riusciranno ad averla vinta e a tirarci fuori da questo momento delicato. Non dovremo però dimenticare, come in una bellissima lettera al Corriere ha scritto la figlia della prima vittima del virus, che i morti non si contano. Si piangono. Che la morte non può essere esorcizzata attraverso la statistica e liquidata nella liturgia del numero.
Una liturgia del numero che, per riandare a quanto ora passa in seconda battuta di fronte allo spettacolo dell’epidemia, oggi celebreremmo sull’ennesima spettacolarizzazione dell’informazione nella prospettiva del referendum sul taglio dei parlamentari. Vi è da pensare che a un mese di distanza dal voto, sarebbe stato questo il grande show dell’agorà virtuale. Ma non lo è. E allora forse se ne può parlare in termini pacati.
Fra un post e l’altro sul Covid-19 fa capolino, grazie a chi ha a cuore la politica anche quando essa non è momento del grande show collettivo, la disputa fra chi è favorevole al taglio referendario del numero dei parlamentari e chi non lo è. In particolare, fra chi è favorevole, è spuntato qualche filmato dell’epoca in cui Nilde Iotti si dichiarava favorevole alla riduzione del numero dei deputati e dei senatori. E lo faceva con un argomento ben preciso: poiché riteneva che ormai, fra gli anni Settanta e Ottanta, l’Italia avesse maturato una certa dose di quelli che Montesquie chiamava “i corpi intermedi”, traeva la conclusione che vi erano le condizioni per uscire dalla situazione post-fascista per cui i Costituenti avevano stabilito in un numero cospicuo la rappresentanza parlamentare. E certamente aveva ragione!
Sennonché, per chi voglia guardare alla lezione dei grandi politici non nel contenuto ma nello spirito dell’esercizio del pensiero, a mio avviso quanto dice Nilde Iotti in quell’intervista oggi ci mette in guardia per un’altra via. E’ infatti lecito e doveroso chiedersi ora se il taglio dei parlamentari, non incidendo assolutamente sul bilancio dello Stato, non renda deputati e senatori ancora più succubi di una connotazione cesaristica dei partiti sempre più marcata. A mio avviso si!
E avendo già sbagliato una volta, con il voto favorevole al referendum renziano, non cadrò nel diabolico di ripetere l’errore. Si può al limite discutere, per una questione di etica pubblica, sulla riduzione dell stipendio dei parlamentari; ma sul loro numero sono assolutamente convinto che al tempo del cesarismo contemporaneo (peraltro dettato dal processo della riduzione delle mani in cui si concentra la ricchezza sociale) la politica abbia bisogno di preservare ogni sua istanza di articolazione del potere. Onde evitare che debellato il Corona virus non ci dovessimo trovare a soccombere sotto i colpi del virus della Corona. Gente che pretende i pieni poteri in Italia, ahinoi, ne è ritornata troppa in giro.