Il nuovo mondo. Sudditanza in cambio di sicurezza
Mentre sulle povere anime di Dio dei 5S ormai è lecito più indulgere verso l’intelligenza (e la longevità) che continuare a infierire, la figura di Salvini merita una certa attenzione; non perché il bifolco la meriti di per sé ma in quanto tale figura si iscrive in un movimento più vasto di tipo europeo e mondiale che ci dà l’occasione di meditare su come si stiano rinnovando oggi le comunità politiche. Certamente, la seconda parte del Novecento, con la fine della Seconda guerra mondiale, segnò il compimento di un’idea del patto fra gli uomini (il cosiddetto contratto sociale) che, risalendo alla radice della Magna Charta, passava per il Bill of Right e quindi si rifaceva alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Un’idea che, nel segno del giusnaturalismo lockiano, prevedeva il contratto sociale come il momento dell’accordo fra gli uomini affinché si istituisse uno Stato che, più che essere la fonte dei diritti, si proponeva di costituirsi come garante di ciò che già agli individui veniva riconosciuto come proprietà naturale fin dal loro primo vagito: il diritto alla vita, alla salute, alla libertà e financo (attraverso il lavoro) alla proprietà; un contratto che non rimaneva peraltro l’ultimo momento della vita politica dell’individuo perché, all’interno delle istituzioni che esso istituiva, al singolo rimaneva un bel daffare per la rappresentanza dei suoi interessi; vale la pena ricordare che, dopo la Magna Charta del 1215, in Inghilterra nacquero subito appresso la Camera dei Lord (1242) e la Camera dei Comuni (1339). Dunque, per riassumere: un patto fra gli uomini che prevedeva uno Stato che non fosse altro che il garante di diritti preesistenti e il ricettacolo della loro continua e partecipata rivendicazione razionale. Ciò che invece ci segnala l’avvento del successo di figure come Salvini (sulla scia di Trump e di Putin) è lo spostamento della contrattualità sociale dal cosiddetto pactum unionis (il patto di unione) al pactum subiectionis (il patto di soggezione); vi è sempre un patto, per ora grazie al cielo ancora al livello di governo e non di Stato, per cui l’unico diritto che gli uomini ritengono di avere e soprattutto di dover affidare allo Stato è il diritto alla vita (la sicurezza si direbbe oggi); in cambio di esso essi sono pronti ad alienare i diritti della libertà e della stessa rappresentanza. Le buone anime di Dio dei Cinque Stelle cianciano con i loro re taumaturghi di esaurimento della democrazia parlamentare e della instaurazione della democrazia diretta (qualcuno a sinistra li prende pure sul serio); e non si accorgono che se ciò sta avvenendo non è appunto in favore di una partecipazione di tutto il popolo alla formazione della legge (nella direzione del loro grande sconosciuto Rousseau) ma verso la prospettiva inversa di carattere hobbesiano: la fisionomia che sta infatti prendendo nel mondo il patto sociale su cui si costituiscono le comunità è quello dell’alienazione di ogni diritto a fronte della garanzia dello Stato a tutelare il solo diritto alla vita; con la prostituzione di quel diritto che è l’intima essenza della vita umana: il diritto alla libertà; e, con esso, alla partecipazione continua e in prima persona alla cosa pubblica (le sempre più vertiginose cadute delle affluenze ai seggi elettorali a ogni giro di votazioni insegnano).