Introduzione ad Agostino di Ippona
La ricerca, il dubbio, l’anima, la conoscenza, Dio
1. AGOSTINO. DIO E L’ANIMA
Agostino nacque a Tagaste, vicino Cartagine, nel 354 d.C. A diciannove anni, lungo il corso degli studi di retorica e grammatica, lesse l’Ortensio, uno scritto di Cicerone, che lo richiamò agli studi di filosofia. Sennonché, in una vita che stentava a trovare un approdo sicuro, la filosofia che gli sembrava spiegare al meglio i problemi degli uomini e la costituzione del mondo fu quella dei Manichei. Frequentò anche gli scettici. Nel 383 si spostò a Roma per andarvi a insegnare retorica e l’anno successivo ottenne la cattedra di retorica nella città di Milano. Qui, a trent’anni, Agostino fece l’importante incontro del vescovo Ambrogio che gli insegnò a cogliere il senso delle Scritture al di là del significato letterale. Nei primi anni del soggiorno milanese fece anche l’incontro dei testi neoplatonici di Plotino che lo portarono a riflettere sulla costituzione spirituale della vera realtà. Grazie al vero significato del messaggio cristiano che le letture di Ambrogio gli svelavano e agli strumenti filosofici maturati con la conoscenza del neoplatonismo, iniziò per Agostino una nuova vita: quella dell’adesione alla fede cristiana e del suo approfondimento per la via della filosofia. Nel 386 ricevette il battesimo da Ambrogio e iniziò a scrivere le sue prime opere: cominciava quella vita che si sarebbe dispiegata fino ai capolavori della maturità nel segno di un orizzonte ben preciso dei rapporti fra la fede e la filosofia. “Credi per capire e capisci per credere” fu l’imperativo sotto il cui segno Agostino arrivò a concepire le grandi opere che ne consegnarono il pensiero alla storia. Nel 400, ritornato in Africa e divenuto vescovo di Ippona, Agostino pubblicò uno fra i più importanti capolavori del pensiero cristiano e della storia della filosofia, Le Confessioni; dal 413 al 426 attese alla stesura de La città di Dio. Insieme all’opera di scrittura continuò la sua missione evangelizzatrice fino all’anno della morte che sopravvenne nel 430. Si compiva quella vita che aveva trovato il suo senso intero nel fine che Agostino aveva posto di fronte a sé nell’incipit di una delle sue prime opere, I Soliloqui.
Ragione – “Cosa vuoi conoscere?”
Agostino – “Dio e l’anima”
Ragione – “Nient’altro?”
Agostino – “No, non voglio conoscere nient’altro”.
Agostino, Soliloquia
2. AGOSTINO. IL DUBBIO E IL SUO SUPERAMENTO
Lungo la sua ricerca che, attraverso l’anima, doveva giungere a Dio, Agostino non eluse un primo importante ostacolo. Il filosofo conosceva bene la filosofia degli scettici e sapeva come essi sostenessero che l’uomo non poteva elevarsi a nessuna verità oggettiva poiché su qualsiasi affermazione poteva essere ragionevolmente esercitato il dubbio. Il superamento del dubitare universale degli scettici fu il primo problema con cui dunque Agostino dovette confrontarsi. In questa disputa il filosofo elaborò una tesi che era destinata ad attraversare l’intero percorso della storia della filosofia. All’uomo che dubita su tutto si presenta infatti, per Agostino, un prima verità inconfutabile: la certezza del suo dubitare e la coscienza di esistere in quanto soggetto di questo dubitare.
Io provo a dubitare di tutto ma, certamente, anche con il dubbio più radicale, sono certo che sto dubitando.
Ciò che non è, non può far niente, tantomeno sbagliare, il che è già far qualcosa; se dunque dubito, sono.
Io sono certo di essere, e sono certo che so e amo di essere. In queste verità non c’è paura alcuna per la domanda degli Accademici: e se ti sbagli? Se mi sbaglio, sono.
Agostino, Contra Academicos
3. AGOSTINO. L’ANIMA, LE SENSAZIONI E LE VERITA’ RAZIONALI
Il principio in cui si risolve il pensare e lo stesso essere dell’uomo è l’anima. Questa è la fonte delle conoscenze sensibili e delle conoscenze razionali. I sensi infatti, lungi dal procurare delle conoscenze, non fanno altro che recepire un materiale esterno che poi è proprio l’anima a organizzare e a giudicare.
Sentire non è del corpo ma dell’anima attraverso il corpo
La facoltà più eccellente dell’animo umano non è quella con cui esso sente le realtà sensibili bensì quella con cui le giudica
E se è vero che è l’anima a essere il soggetto delle conoscenze sensibili è altrettanto vero che, proprio perché nelle conoscenze che provengono dai sensi il materiale che l’anima deve giudicare è in continuo mutamento, le uniche verità che possono essere oggetto di scienza sono quelle che la mente conosce a prescindere dall’esperienza: le verità matematiche, le verità dialettiche e le verità etiche.
Che tre per tre facciano nove è sempre e necessariamente vero, anche se tutto il genere umano fosse sprofondato nel sonno.
Agostino, Contra Academicos
4. AGOSTINO. L’ANIMA E DIO
Dopo aver sottolineato che le uniche conoscenze che possano costituire un oggetto di scienza sono le conoscenze razionali, Agostino fa l’ultimo passo, quello decisivo. Le conoscenze dell’anima non hanno il loro oggetto nell’anima stessa. Esse sono nell’anima ma non sono dell’anima.
Se la verità fosse uguale alla nostra mente, la stessa verità sarebbe nel divenire. Infatti la nostra mente ora la intuisce di più ora la intuisce di meno. Palesa così di essere nel divenire. Al contrario, la verità, permanendo in sé, non aumenta quando ci si manifesta di più, non diminuisce quando ci si manifesta di meno, ma integra e immateriale, allieta di luce quella che ad essa si volgono, punisce con la cecità quelli che si volgono in opposta direzione.
Agostino, De libero arbitrio, II
Dunque è la mente di Dio a essere il ricettacolo delle verità universali ed è Dio stesso a illuminare di fronte all’anima queste verità universali e quindi se stesso.
Le conoscenze che sono trasmesse dalle scienze non possono essere comprese se non sono illuminate da qualcos’altro, come da un loro sole
Bisogna quindi ritenere che la natura dell’anima intellettiva è stata fatta in modo che, unita, secondo l’ordine naturale disposto dal Creatore, alle cose intelligibili, le percepisce in una luce incorporea speciale, allo stesso modo che l’occhio carnale percepisce ciò che lo circonda, nella luce corporea, essendo stato creato capace di questa luce e ad esso ordinato.
Agostino, De Trinitate, XII







