Colonnelli o caporali
(pubblicato su ”il Riformista” del 15/12/2007)
Caro direttore,
i lavoratori continuano a morire nelle maniere più cruente, fra gli oli bollenti destinati alla fusione dell’acciaio piuttosto che alle carni degli uomini, e, nonostante ciò, i leader della sinistra non riescono a gettare un palmo oltre il loro naso né lo sguardo dell’intelligenza né il palpito dei cuori. Dopo la tragedia di Torino, oltre al minuto di raccoglimento, ci saremmo aspettati uno slancio per il raccoglimento: il raccoglimento delle intelligenze e dei palpiti dei leader della sinistra. E invece siamo andati incontro a una nuova delusione. L’immagine che è emersa dai lavori della Fiera di Roma, dove si auspicava che i leader della sinistra si mettessero seriamente all’opera per la costituzione di un unico e coeso partito del lavoro, è infatti quella per cui, mentre i soldati continuano a cadere al fronte, i colonnelli, fra cui non c’è purtroppo neanche un generale, continuano la loro guerra personale: chi vuole la falce e il martello, chi no, chi intona le note di Bella ciao, chi no. Arriveremo a chi intona le note e a chi le sussurra, a chi non le intona e a chi ne intona solo alcune. Ma è certo che, fino a che la sinfonia dei leader sarà dodecafonica, il controcanto dei i lavoratori continuerà a risolversi nei fischi all’unisono con cui gli operai di Torino hanno accolto Bertinotti e Diliberto, Mussi e Pecoraro.