Terremoto. Fra rispetto e riflessione
(pubblicato su ”il Riformista” e ”il Manifesto” online del 08/04/2009)
L’accento prevalente che si ascolta fra le parole della politica è quello di rinviare le polemiche sulle responsabilità che possono aver costituito le concause della tragedia che sta attraversando l’Abruzzo. Vi è certo in questo momento la necessità primaria di concentrare le energie per assistere i superstiti e per salvare quanti sono intrappolati ancora fra le macerie. Sennonché è forse anche vero che il momento più opportuno e utile per dire alcune cose è quello in cui le emozioni rappresentano l’autentico passaporto dei ragionamenti. E questa è già una riflessione: è un paese, il nostro, in cui sembra quasi impossibile ormai ragionare a mente fredda, cercare di fare un dibattito pubblico senza che il caso sensazionale sollevi il caso nazionale. E’ stato così per la povera Eluana e il dibattito sul testamento biologico e sarà purtroppo così per il terremoto abruzzese e la riflessione sul rispetto per l’ambiente. Con una amara constatazione: quella per cui la legislazione è sempre più intessuta dello spirito patologico della recriminazione piuttosto che di quello fisiologico della prevenzione. Quest’ultima sembra ancora una volta, per venire a parlare del terremoto, la grande assente. Lascio a chi è più esperto di questioni geologiche la diatriba se i terremoti si possano prevedere o, meglio, in che misura si possano prevedere. L’interrogativo che invece mi sento di elevare a criterio discriminate dell’assenza di una politica della razionalità ambientale ed edilizia è un altro: si lasci anche correre sulle frane degli edifici degli organismi amministrativi, si lasci correre addirittura sulle scuole; ma in quale paese in cui la cosa pubblica abbia un senso si può pensare all’assenza evidente di una minima politica ambientale e della salute pubblica che garantisca che almeno l’ospedale di un importante capoluogo di provincia non sia destinato al tracollo e all’inagibilità? Il terremoto ha innanzitutto spazzato via la struttura principale della risposta al terremoto. Ecco: pur lasciando da parte ogni polemica sulla cementificazione selvaggia e l’infrazione a ogni vincolo ambientale, che forse in questo momento suonerebbe nel segno del cinismo, almeno su questo interrogativo credo che i cuori debbano spingere le menti. Ritengo infatti che se evitare il cinismo sia a tutti gli effetti una virtù pubblica lo stesso si debba dire dell’esercizio critico sull’operato di chi dovrebbe fare un minimo di prevenzione sulla salute pubblica. Raccogliamo, dunque, l’invito dei politici a evitare il cinismo e ci aspettiamo, di contro, che essi non abdichino ancora una volta all’analisi delle responsabilità delle loro incuranze. E il tracollo di una struttura pubblica di primo soccorso quale un ospedale è certo una grave incuranza di chi dovrebbe prevenire e ora non può nemmeno curare.