Prima di cambiare il mondo
(pubblicato su il Venerdì di Repubblica del 23/06/2017 con una risposta di Michele Serra)
Caro Serra,
quale commento principale alle elezioni amministrative appena celebrate, mi sembra che si possa dire che con esse sia cominciato quel processo che sempre mi è apparso il più futuribile e nella natura delle cose: i 5S cominciano a consegnare i loro voti alla Lega (quei voti cominciano a prendere la destinazione per quella che è per la gran parte la loro più intima costituzione); immagino ora che se Pisapia riuscirà ad aggregare la sinistra e a depurarla di antiche personalità che riciclano il loro pensiero per ogni stagione, inizierà lo stesso ritorno (probabilmente con numeri minori) a sinistra (si veda il successo della lista civica filo-Pisapia a Padova con il 22%; i grillini hanno contato un misero 5%). Con buona pace di quelli che, né da destra né da sinistra, dovevano cambiare il mondo, lì dove piuttosto non avevano nemmeno iniziato a studiarlo.
Caro Cappello,
l’idea del possibile ritorno a una specie di bipolarismo classico comincia a circolare con una certa frequenza. Non possiamo sapere come andrà a finire, ma non c’è dubbio che a ogni passaggio politico significativo, nel quale si deve escegliere a cosa essere favorevoli, a cosa contrari, il movimento di grillo è costretto Aa uscire dalla sua generica pretesa di essere “né di sinistra, né di destra”, che tanti voti gli ha portato. Si pensi al voto sullo ius soli, che da solo basta, come è normale che sia, a dividere in profondità l’anima grillina, separando la sua componente democratico-radicale da quella populista-intollerante. Il movimento le contiene entrambe; raccoglie voti di estrema destra e di estrema sinistra, confusi nel contenitore molto generico del “voto di protesta”. Ma voto di protesta, in sé e per sé, non vuol dire nulla. Grillo e il giovane Casaleggio sono stati straordinariamente bravi nell’alimentare il mito di una neo-politica in grado di abolire ogni differenza ideologica. Ma l’ideologia non è una precondizione della politica, ne è una conseguenza: sono le leggi da votare o bocciare, le scelte in campo economico e sociale a creare l’identità politica di un partito. E dunque più il tempo passa, più il movimento rischia di riconsegnare ai rispettivi “campi” di origine molti dei voti conquistati. A me pare che un solo evento possa restituire al grillismo il suo più ampio spazio politico: il tentativo di un’alleanza di governo tra Pd e centrodestra. Oltre a essere l’espressione più evidente della debolezza dei due poli, costringerebbe molti elettori di destra e di sinistra a rivolgersi ai cinquestelle come sola forma possibile di opposizione. Staremo a vedere.