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Introduzione a Schopenhauer

By admin
ottobre 25, 2013
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Videolezione su Schopenahuer e testi del filosofo sui concetti centrali attraverso cui si snoda la videolezione

1. IL MONDO COME RAPPRESENTAZIONE

Arthur Schopenhauer nacque a Danzica da una famiglia benestante nel 1788. Nella giovinezza fece importanti viaggi in Francia e in Inghilterra e quindi si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Gottinga. Qui seguì le lezioni di Schulze che, nel segno della filosofia scettica, si opponeva alla crescente egemonia dell’idealismo tedesco e soprattutto alla fiducia che esso riponeva nelle facoltà della ragione. Comunque, nel 1811, Schopenhauer fu a Berlino dove ascoltò le lezioni di Fichte. Infine si spostò a Jena dove si laureò nel 1813. Da Jena si spostò a Dresda dove fra il 1814 e il 1818 mise a punto e pubblicò la sua opera fondamentale, Il mondo come volontà e rappresentazione. Nel 1820 passò ad insegnare a Berlino e nel 1831 a Francoforte sul Meno dove morì nel 1861. Per Schopenhauer, il mondo si presenta all’uomo in un modo ambivalente; attraverso la via della rappresentazione e quella della percezione corporale. Innanzitutto, come aveva insegnato Kant, il mondo può essere conosciuto solo sotto le forme secondo cui l’intelletto umano se lo rappresenta. Il filosofo di Koenisberg pensava allo spazio, al tempo e alle categorie; Schopenhauer riduce le forme dell’intelletto umano e le risolve tutte nella categoria della causalità. La mente dell’uomo guarda alla realtà secondo il suo proprio parametro della causalità e dunque la il mondo si presenta all’uomo come un sistema di fenomeni la cui regola ultima è appunto la causalità. Sennonché, in piena distinzione da Kant e dal razionalismo illuminista, Schopenhauer sostiene che il mondo conosciuto dall’intelletto non è il mondo vero, è piuttosto apparenza e sogno; riprendendo le filosofie orientali, Schopenhauer ritiene che il mondo fenomenico sia l’aspetto superficiale della realtà. Lo stesso fenomeno è un velo che cela l’aspetto più intimo della realtà. Il fenomeno è quale il velo ingannatore che nella religione induista, come è scritto nei libri sacri dei Veda e delle Upanishad, viene indicato con il termine Maya.

Il mondo è la mia rappresentazione: ecco una verità che vale in rapporto a ciascun essere vivente e conoscente, anche se l’uomo soltanto è capace di accoglierla nella sua coscienza riflessa e astratta: e quando egli fa veramente questo, la meditazione filosofica è penetrata in lui. Diventa allora per lui chiaro e certo che egli non conosce né il sole né la terra, ma sempre soltanto un occhio, che vede un sole, una mano, che sente una terra; che il mondo, che lo circonda, non esiste se non come rappresentazione, vale a dire sempre soltanto in rapporto ad un altro, a colui che lo rappresenta, il quale è lui stesso.

E’ Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino scambia da lontano per acqua; o alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente.

Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Libro I

 

2. IL MONDO COME VOLONTA’

L’uomo, per Schopenhauer, non può attingere la vera costituzione della realtà, la sua intima essenza, in virtù dell’intelletto e della riflessione; è la via del corpo che invece gli schiude tale possibilità. La facoltà della mente è quella di riflettere, con il corpo, invece, l’uomo sente. Ed è allora attraverso il corpo che l’uomo fa esperienza della vera essenza della realtà, di quella essenza che è propria di ogni essere vivente. L’uomo, in quanto corpo, è innanzitutto desiderio, volontà di vita; così ogni forma vivente. La realtà, nel suo aspetto essenziale, è dunque vita che vuole vivere; eterna, infinita e autoreferenziale volontà che si specifica nelle infinite forme e negli infiniti esseri viventi per perseverare nel suo essere. Gli esseri viventi, dal canto loro, non sono altro che strumenti attraverso cui il principio cosmico della volontà riproduce se stesso nell’eternità.

La volontà di vivere è l’intimo essere, il nocciolo di ogni singolo, ed egualmente del tutto.

Ora: che cosa mai vuole, a che cosa mai tende quella volontà, che ci viene presentata come l’essenza in sé del mondo? […] Ogni fine conseguito non fa che segnare che il punto di partenza di un nuovo fine da raggiungere, e così all’infinito. La pianta sviluppa in via ascensionale la sua manifestazione dalla gemma, dal tronco e dalle foglie, sino al fiore e al frutto: il frutto è a sua volta il principio di una nuova gemma, di un nuovo individuo destinato a percorrere la vecchia strada; e così via, per tutta l’eternità del tempo. Identico è il corso della via animale: la procreazione è il suo culmine: raggiunto questo fine, al vita del primo individuo si estingue più o meno rapidamente, mentre un nuovo essere garantisce alla natura la conservazione della specie e ricomincia lo stesso fenomeno.

Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Libro II

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Chi è Giuseppe Cappello

Giuseppe Cappello è nato a Roma nel 1969.

Dopo gli studi classici si è laureato in Filosofia presso l’Università di Roma «La Sapienza».
Insegna filosofia e storia al Liceo.

Ha pubblicato diverse sillogie di poesia: "Le danze dell’anima" , "Il canto del tempo", "Il gioco del cosmo", "Scuola", "Dì d’infinito" e "Vita nuova".

Autore del libro "Viaggio in Grecia" e ultimamente anche di un CD musicale dal titolo "Days of Infinity".

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