Il necrologio di massa e l’off-line dell’esistenza
Facebook, oltre ad avere ormai assunto il luogo di confessionale all’aperto di quello che già da Lutero sembrava un sacramento, la confessione, che doveva riguardare direttamente i rapporti dell’intimità di uomini e donne con Dio, ora mostra un altro elemento di desacralizzazione rispetto a un altro momento centrale della vita umana … il trapasso. Così come la confessione è stata sostituita da questa grande desacralizzazione dei rapporti dell’intimità con la verità, così adesso l’estrema unzione si sta trasformando nella compulsione massificata del necrologio.
Non c’è giorno che non si trovi, o non si debba trovare, un personaggio noto dei mass-media per cui esternare tutto il proprio lutto. Personaggio noto ma non conosciuto. Perché, appunto, le persone che vengono ricordate o celebrate come se fossero parenti, amici o colleghi di lavoro non sono invocate per compiangere, per dare l’ultimo saluto, ma spesso per celebrare o per celebrarci senza conoscere. Nel grande inganno collettivo che la televisione e le piattaforme digitali ci portino di fronte a ogni persona fino al punto che bene o male si è frequentata attraverso la comunicazione. Ma non con la comunione.
Poiché siamo tutti in comunicazione con tutto, crediamo di essere tutti in comunione con tutto. Mentre siamo invece, in virtù di questa digitalizzazione dei rapporti, sempre più estranei ed estraniantici gli uni agli altri dentro una grande difficoltà che scambia appunto la comunicazione con la comunione. Le relazioni allora diventano tutte uguali e possiamo certamente pensare di congedarci ogni giorno da una persona che ci è nota ma non per questo affatto conosciuta; di cui conosciamo il personaggio e non la persona. Ecco: stiamo diventando un mondo di personaggi che sempre di più si allontanano dalla loro persona.
La parola persona viene dal latino e nella suo significato, dal cristianesimo in poi, fino all’esistenzialismo del Novecento, rappresenta il termine con cui si cerca di indicare quel nucleo più intimo che è appunto il “per-sé”; quel nucleo più intimo che costituisce nel punto più profondo la nostra coscienza, la nostra irriducibile spiritualità; che ci distingue, pure nella comune appartenenza al genere umano, nella nostra più intima, irriducibile e irripetibile esistenza.
Già nella lucente antichità, l’oracolo di Delfi e Socrate ammonivano uomini e donne nel precetto di fondo e imperativo all’essere umano del «Conosci te stesso». Ha scritto poi Sant’Agostino: «Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas» ovvero «Non uscire da te stesso, rientra in te: nell’intimo dell’uomo abita la verità». In quell’intimo abita la verità, e quella verità per cui attraverso un lungo processo di riconoscimento e di comunione si formano le relazioni familiari e le relazioni con le per-sone in cui sentiamo di appartenerci per una comunione di una parte di quell’intimità per sé che siamo noi e che ritroviamo in parte nell’altro; c’è una bella frase che dice le anime gemelle sono destinate ad incontrasi perché hanno lo stesso nascondiglio; e quel nascondiglio è appunto l’anima! E cos’è l’amicizia se non lo scoprire sempre di più la comunione dei propri per sé, di quelle parti più intime dell’anima che, costitutive e particolarissime, scopriamo, dentro un lungo processo, in un’altra per-sona?
«Non uscire fuori da te stesso» dice Agostino; qui invece ormai non passa giorno in cui non ci sentiamo vivi, e in contatto con la verità, che nell’estern-are. La verità non abita più in quella irriducibile singolarità dell’individuo che attraverso un lungo processo di comunione né scopre una parte anche nell’altro. La verità è online! E in questo regno ogni giorno bisogna esternare per essere; mentre invece non ci accorgiamo che tutte le nostre passioni e intellezioni più costitutive vengono sacrificate all’adesione di sentimenti e intellezioni massificate a cui siamo pronti ad aderire in una comunicazione senza comunione. Ed è così che ogni giorno va santificato nella celebrazione dell’anniversario di una nascita, nella ricorrenza di una morte e così via dicendo fino al fenomeno sempre più vistoso dell’estrema unzione digitale. In un processo sempre più alienante in cui si diventa sempre più personaggi senza persona che vivono sempre più in una comunicazione senza più comunione e che credono di santificare ad ogni passo la domenica lì dove invece stanno solo digitalizzando tutti i momenti della ferialità più cruda e non meditata.
Questo è quanto avrebbe dovuto insegnarci il lockdown e per cui saremmo dovuti diventare migliori; avremmo dovuto imparare che la moltiplicazione della digitalizzazione è asfissia e lì dove ci promette che la verità è on-line intanto ci sta mettendo off-life … ci sta spegnendo nelle nostre esistenze e coesistenze più autentiche.