Days of Infinity Recensione su Roma in Jazz
I Giorni dell’Infinito: dall’ermetismo del guizzo poetico al pallore elegiaco per un flusso armonico di decisa coerenza stilistica, proteso in atmosfere descrittive talora brune e inquiete, talora divaganti in astrazioni idilliche.
Il poeta e saggista Giuseppe Cappello trasla in musica il proprio complesso mondo interiore secondo un linguaggio che, vivo nel Grunge contemporaneo e nell’istintività post Metal, percorre le sedi emotive dei Pink Floyd, dei This Mortal Coil e, in modo del tutto personale, dei Nirvana.
L’ Estetica spesso converge in un’Aura innamorata di Sting e di solarità mediterranee (“Routes of Infinity”, “You stay in Me”) quanto di Rock metropolitano e di Prog dalle coloriture acide ( l’Incipit di “Child of the Acropolis”, l’onirico solo di chitarra in “The Golden Gleam of Lighting”), e la propensione narrativa al Mush Up narra di un’anima complessa che sussurra colori sobri e frasi mai eccessive, per scrivere parole musicali non per la bellezza dei segni grafici quanto per quella dei significati.
Non due anime della Musica, semmai un Luogo privilegiato in cui Apollineo e Dionisiaco convivono e cantano quel Doppio Angolo ove Tutti Noi siamo.
Fabrizio Ciccarelli su Roma in Jazz