Se Berlusconi piange, Bersani rifletta
(pubblicato su “il Riformista” del 01/06/2011)
Caro direttore,
nel pomeriggio della vittoria del centrosinistra da Milano a Napoli, ho gioito senza “se” e senza “ma” di fronte e insieme alle bandiere amiche e ai motti di spirito che hanno seppellito i volti peggiori della politica italiana. Sennonché, sul far della sera, si è imposta la riflessione politica per cui ritengo che sia sbagliato pensare a una vittoria assoluta, una vittoria sciolta da importanti precisazioni. Ne svolgerò una, quella che ritengo più importante: quella sul Pd. Le elezioni di Milano e ancora di più quelle di Napoli sono state, a mio avviso, il modo in cui la gente ha cominciato a liberarsi di una classe politica “inadatta a governare”. Innanzitutto a destra; ma, qualora si voglia esaminare bene, anche a sinistra. A Milano e a Napoli ha perso, con i suoi sensali, Berlusconi; ma è pure vero che non hanno vinto i candidati che segnavano la continuità con i principali dirigenti che, in questi anni di berlusconismo, hanno guidato il Pd. Al contrario, hanno vinto quei candidati che hanno segnato una discontinuità evidente col gruppo dirigente che fa capo a D’Alema, Marini e Veltroni. Già alle primarie questo era stato chiaro e il voto comunale ha confermato e corroborato questa verità. Vi è dunque da pensare che se i maggiorenti del Pd non riusciranno a disinnescare lo strumento delle primarie al livello nazionale (in vista dello stesso scopo con cui Berlusconi ha fatto con la legge elettorale) saranno proprio loro, dopo Berlusconi, le prossime vittime del voto popolare. Qualora, invece, vi riusciranno, essi disinnescheranno, insieme alle primarie, le potenzialità che oggi il centrosinistra ha di proporsi come interprete del rinnovamento dell’Italia post-berlusconiana. E’ una riflessione questa che, sul far della sera, per quanto gli possa essere dura, mi auguro faccia anche Bersani se, insieme al bene del Pd, voglia, attraverso di esso, anche il bene dell’Italia.