Gheddafi e la decostruzione dello Stato borghese
(pubblicato su “il Riformista” del 02/09/2010)
Caro direttore,
mi sembra che non sia difficile interpretare al di là di ogni nota superficiale la sostanza delle’egemonia politica italiana che si manifesta in questi giorni nelle note del “folklore” libico. Se, infatti, vogliamo individuare la cifra specifica dell’Italia berlusconiana non dobbiamo fare altro che rivolgerci a quella lunga ed efficace politica di decostruzione dello stato borghese che è iniziata nella seconda metà degli anni Ottanta. Una decostruzione dello stato borghese che, a volerla intendere, si risolve, a sua volta, nella cifra ultima dell’abbattimento di tutto ciò che medio (vera cifra costitutiva invece della vita pubblica borghese). Innanzitutto abbattimento della mediazione politica: sia nel senso della rappresentanza parlamentare che in quello della conseguente mediazione della conflittualità attraverso il metabolismo della dialettica fra i partiti; e abbattimento in fondo, oltre che della mediazione della conflittualità, della conflittualità stessa. Si può parlare poi dell’abbattimento di quella medietà sociale che sta al fondo della stessa medietà politica: attraverso una “politica economica” che asseconda nel modo più raccapricciante la tendenza globale dell’attuale incremento della diseguaglianza con la polarizzazione della ricchezza e la complementare diffusione sempre più ampia dell’indigenza. Si spiega, da ultimo, in questo orizzonte, il corollario folkloristico della cultura del gesto estremo e sempre sopra le righe che dal capo discende ormai fino agli atteggiamenti del giovane che subodora i primi aromi della vita pubblica.