Roma: rimanere o andarsene?
(pubblicato su la Stampa del 25/07/2017)
Sono nato e cresciuto a Roma; fino all’età di trent’anni, ovvero alla fine degli anni Novanta, non avrei mai pensato nemmeno di andarmene dal mio quartiere. Una cosa inconcepibile veramente alla mia mente e al mio sentimento ancora prima. Con l’inizio di questa estate, invece, mi sono ritrovato a fare i conti con un istinto del tutto inaspettato: non vedere l’ora di raggiungere la soglia delle ferie per evadere dalla mia città. Per allontanarmi da Roma. Cos’è successo, dunque, ci chiedevamo anche con altri amici in cui ci siamo trovati a ragionare dello stesso istinto? della stessa istanza? Tante cose, ci siamo risposti. Innanzitutto l’involuzione della città in un caos metropolitano senza il minimo barlume dei più elementari servizi che offre una metropoli: la prima cosa, il trasporto pubblico! Muoversi nella città, non per vezzi particolari ma per andare a lavorare, è diventato a sua volta un lavoro: alienante quando non addirittura impossibile. Non si parli poi di quando si è costretti a fare i conti con una burocrazia che dire kafkiana sarebbe abusare di un eufemismo letterario Quindi: il clima di individualismo e di violenza di una popolazione in cui ognuno sembra, in ogni circostanza, contro l’altro armato è divenuto intollerabile (ognuno, pronto a censurare l’altro con il clacson e con il turpiloquio per l’infrazione che egli stesso ha fatto due curve prima). La sinistra politica ha delle responsabilità enormi nei confronti della città ma questo tracimare di truce verbalità che diventa finanche manesca sempre più spesso, ci sia concesso di dirlo, è stato sdoganato dalle giunte di destra; ci sia concesso di dirlo come si deve dire: da chi una volta fascista, sempre fascista è rimasto. Ora ci sono quelli che non sono di destra né di sinistra rispetto a cui è meglio guardare e passare. Non ragioniamo di loro. Piuttosto le ultime righe per dire: per la mia piccola figliola, fra le cose che più ho amato e che vorrei che anche lei potesse amare, c’è anche l’ancestrale sentimento dell’appartenenza a una delle città più belle del mondo. Ma cosa può riservare oggi questa città a suoi figli più piccoli? siamo sicuri che fra l’esercitare con cura la potestà genitoriale non ci sia anche il dovere di pensare di andarsene? Interrogativi lancinanti per chi le sue radici le ha nelle sbucciature sull’asfalto di questo suolo che veramente ha creduto eterno.