Il nuovo fiore del partigiano
(pubblicato su il Fatto Quotidiano del 26/04/2019)
Scriveva Fichte che «essere liberi è niente, divenirlo è cosa celeste». E’ quanto probabilmente pensavano con le loro menti e ancora prima sentivano nei loro cuori coloro che nel buio ventennio del fascismo non smarrirono la coscienza della libertà e della giustizia e in esse coltivarono il fiore del partigiano; coloro che hanno prima testimoniato che l’italiano non poteva mai essere risolto e identificato con il fascista e poi hanno costruito la nostra democrazia. Bella ma, a leggere la storia italiana dal 1978 in poi, anche fragile; dal 1978 in poi sempre più fragile. Scarnificata innanzitutto di ogni ideale. O meglio, sconsacrata, con la crisi degli anni Ottanta e l’avvento dell’edonismo berlusconiano, all’idea che la persona non fosse altro che un salvadanaio; all’idea che più fosse il denaro che in essa risuonasse, cadendo magari da una mano sempre meno pulita, e più essa valesse. E, ancora peggio, più essa potesse essere felice. E’ questo il male che si è diffuso sempre di più nel cuore e nelle menti incoscienti di molti italiani. E che, ahinoi, un’intera società sta trasmettendo in maniera sempre più totalizzante e totalitaria ai suoi giovani. Fino allo stadio terminale del pensiero che l’essere liberi possa risolversi nell’essere ricchi. Che l’essere possa risolversi nell’avere. In un avere sempre più privato e, più specificamente, monadistico. Ovvero senza finestre nei confronti dell’altro. Viviamo rinchiusi sempre di più nelle nostre case e ognuno poi ancora nella sua camera. Con l’illusione che le finestre possano essere quelle di Windows; che il cielo possa essere quello di Sky. E che la relazione possa passare attraverso i click dei nostri mouse. Così in questa privatizzazione continua delle nostre esistenze, nella loro sempre più psicotica monadizzazione, è chiaro che si smarrisca la consapevolezza di ciò che è pubblico; della res pubblica che hanno costruito col sacrificio quelli che ormai sono i nostri antenati. La res pubblica della libertà e dello stare insieme; meglio, della libertà nello stare insieme. E’ questo oggi il fiore della libertà di cui innanzitutto dovremmo almeno avere coscienza; e poi cercare di coltivare. Nel segno di una lieve variazione sull’adagio fichtiano per cui dovremmo tenere bene a mente che «essere liberi è niente, rimanerlo è cosa celeste». E che a fronte di questa nuova resistenza c’è solo monarchismo che monta su mon@dismo.