La lezione inglese di Pannella
(pubblicato su la Stampa del 22/05/2016)
Quando mi ha raggiunto la notizia della morte di Marco Pannella ero con diversi amici, tutti di sinistra, e l’interrogativo, quasi sottaciuto nella scomodità di una risposta su una figura eterogenea e al tempo stesso vicina al mondo della sinistra era in fondo questo: diciamo? non diciamo? E, se diciamo, che diciamo di Marco Pannella? Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente: se, in Italia, del mondo anglosassone non abbiano importato solo il rock ma anche una certa idea dello stato di diritto lo dobbiamo anche a lui. Mentre molti guardavano alla Francia, molti alla Germania, molti alla Russia, lui piuttosto, da sempre, aveva individuato la guida nella civiltà della Magna Charta e del Bill of Right. E di questo sole uggioso ha nutrito battaglie per il qui e per l’ora mentre in molti combattevamo la battaglia per il radioso sole dell’avvenire. Ce lo siamo potuti permettere anche grazie a chi in fondo ha tenuto in piedi le battaglie per il qui e per l’ora. E a chi, d’altro canto, con grande lungimiranza (anche perché aveva avuto grandi maestri come Capitini e Calogero) ci chiamava ad essere socialdemocratici e laburisti. Era troppo presto allora e troppo tardi probabilmente ormai.
Risposta di Francesco Bei (redattore capo la Stampa Roma)
Fuori dalla retorica dei coccodrilli, questa bella lettera ha il pregio di ricordarci due cose di Pannella. Il suo costante richiamo ai principi e alla prassi delle liberal democrazie anglosassoni, dove è la persona il centro della società. E il rapporto del leader radicale con la sinistra, soprattutto quella comunista. Un rapporto sempre dialettico, a volte anche ferocemente dialettico, ma sempre ricercato. A partire dal celebre esordio nel 1959, quando un giovane Pannella incrocia le lame nientemeno che con Togliatti. Il leader del Pci propone «l’unità delle forze laiche»; il radicale replica con quello che appare un calembour: no, serve «un’unità laica delle forze». Voleva dire che l’importante sono gli obiettivi sui quali ci si unisce, non le sigle di partito. Anche allora, troppo avanti.