La mia scelta, le elezioni e i Cinque Stelle
Nei giorni in cui ha nevicato mi sono dedicato allo studio matto e soprattutto disperatissimo dei collegi, delle liste e dei candidati per queste elezioni di domenica. E, alla fine, ne è uscita una decisione che mi porterà a votare in maniera diversa da quella che era la disposizione che avevo prima. Certo, non ho spostato il mio voto rispetto a quella che è la mia casa politica, ma sicuramente sono passato in una stanza differente. Nonostante anche in questa stanza vadano aperte le finestre e rigenerata un po’ l’aria.
Ora, non sarei giusto se non dicessi che in questa mutata disposizione non abbia anche influito, per una piccola parte, una certa tensione morale che i 5S hanno avuto il merito di reintrodurre in Italia. Li considero certamente degli avversari, il nemico è Salvini, ma ciò non mi ha impedito di tenere conto delle loro battaglie per una politica più pulita. Speriamo che anche loro, nonostante qualche scivolata, vi rimangano sostanzialmente fedeli. Probabilmente lo faranno.
Quello invece che mi ha lasciato interdetto è il modo con cui hanno composto la loro lista dei ministri. Il modo e il contenuto. Un modo che a mio avviso ha influito anche sul contenuto. Non ho capito perché si siano rivolti quasi interamente al mondo dell’università per scegliere i loro ministri e non piuttosto ai loro deputati e senatori che per cinque anni hanno lavorato in Parlamento. Probabilmente hanno sentito la pressione delle critiche sull’incompetenza e hanno voluto dare una risposta forte in questo senso. Con un errore di prospettiva che mi sorprende. Un conto è infatti la competenza accademica del sapere, altro quella politica. La prima si acquisisce con lo studio che può anche prescindere da un rapporto stretto con il pubblico; la seconda, la competenza politica, si acquisisce (certamente non al netto dello studio) proprio con l’operato pubblico sia fra la gente che nelle istituzioni parlamentari. Mi aspettavo dunque ministri politici e non accademici. ù
E su questi ministri accademici, nello specifico, chiudo con la considerazione per cui la scelta di metodo ha notevolmente pesato sulla scelta di merito. Lì dove le figure scelte dal mondo dell’accademia sono e non potevano essere, in gran parte, di qualità dubbia. Reclutate infatti da università private (alcune addirittura telematiche) che conosco bene essere dei veri e propri diplomifici. Laurifici. Nomi di atenei che con Atena non hanno proprio niente a che fare.
Ma appunto, lo rimarco, a mio avviso il loro errore originario è di prospettiva metodologica e probabilmente indotto da un certo complesso che in loro si è generato sulla questione della competenza. Li dove poi è nato il grande equivoco fra la competenza politica e quella accademica. Aristotele distingueva fra la sapienza (la ragione teoretica) e la saggezza (la ragione pratica). Ma questa è un’altra storia.