Dico caritas est
(pubblicato su ”il Riformista” del 18/4/07)
Gentile direttore,
nel mondo greco e successivamente in quello romano vi erano degli uomini che per natura nascevano schiavi e per natura non avevano diritti. Qualora, poi, questi uomini avessero tentato di ribellarsi alla loro condizione e al principio che la legittimava, proprio il diritto apostrofava la loro azione come un’azione contro natura. Fino al momento in cui, proprio nel tempo della Roma imperiale, non venne chi insegnò che ogni uomo nasce libero non perché cittadino greco o cittadino romano ma perché uomo. Lo insegnò, lo predicò e per questo fu crocefisso. Insomma, fu proprio Cristo per primo a venire per quegli uomini che pretendevano qualcosa contro natura. Il pensiero moderno, poi, tesaurizzando il principio cristiano e svincolandolo da ogni ancoraggio di ordine teologico arrivò a quel documento, stilato dai rivoluzionari francesi, che fu la la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Nel secolo scorso, grazie alle loro battaglie per l’emancipazione, anche le donne sono arrivate alla conquista di quei diritti che venivano loro negati perché contro natura. In tutto il mondo civile si sta ora affermando il principio per cui non vi possono essere uomini e donne che sono discriminati nei diritti perché cresciuti, per la loro sessualità, contro natura. Di qui la necessità di aggiornare le istituzioni giuridiche al progresso della consapevolezza etica che via via l’uomo sviluppa. In questo senso, per un attimo, anche l’Italia s’era destata e il Parlamento della Repubblica, se la Chiesa cattolica non fosse intervenuta, sarebbe probabilmente riuscito nel suo compito di legiferare nel segno dell’aggiornamento del diritto rispetto alla maturazione etica dei cittadini. Questo erano i Dico. Per i laici un aggiornamento del diritto nel segno dell’aderenza allo sviluppo di un principio etico; per i cristiani un’occasione per legiferare secondo coscienza, quella coscienza che soprattutto nella carità, la capacità di riconoscere nel diverso il figlio dello stesso Padre, dovrebbe individuare il principio ispiratore della propria vita.