Insegnanti precari e segretari del Risiko
(pubblicata su “il Riformista” online del 03/09/2009)
Caro direttore,
insegno filosofia e storia al liceo da circa un decennio. Dieci anni in cui puntualmente ho preso servizio a settembre per guidare con professionalità e passionecentinaia di amabili ragazzi fra la storia degli eventi e dei pensieri che si dispiegano dall’antichità greca fino ai nostri giorni; dieci anni in cui puntualmente ho presieduto in qualità di esaminatore interno ed esterno gli esami di maturità in virtù dei quali i nostri ragazzi cominciano a muovere i primi passi di cittadini consapevoli fra le vie del vivere comune. Le scrivo quindi ora dall’occhio del ciclone. Dall’occhio di quel ciclone che sta investendo la scuola statale in virtù della nuova politica scolastica del governo Berlusconi. E’ una politica scolastica, quella che si dispiega attraverso la sapiente e ispirata opera del ministro Gelmini, che ha pensato bene di risolvere i problemi del nostro paese a partire dalla scuola; sennonché, poi, ha pensato di risolvere i problemi della scuola attraverso un principio fondamentale: la riduzione drastica del numero degli insegnanti grazie all’innalzamento puntuale del numero degli alunni che costituiscono ogni singola classe. Una politica scolastica, dunque, che concepisce innanzitutto come numeri i principali protagonisti che si muovono ogni giorno fra i banchi e le cattedre. Non ci vuole molto di più del buon senso per intendere che la via intrapresa dal governo è esattamente contraria alla direzione lungo la quale si dovrebbe costruire un scuola di qualità. Si potrebbe discutere molto, poi, di vie e controvie che si dipartono dall’arteria principale di Viale Trastevere. La filosofia abitua però a rinvenire l’idea che sta al di sotto di una molteplicità di fenomeni e dunque non c’è bisogno di fare qui un elenco di guai, che peraltro può vedere facilmente chi voglia guardare, in cui si sta inabissando il sistema dell’istruzione pubblica in Italia. Invece, ogni volta che ritorno dai meandri kafkiani del provveditorato, mi trovo puntualmente alle prese con una domanda. Il governo Prodi, quello che aveva preso le mosse nel 2006, aveva avuto come sua preoccupazione e progettazione nei confronti della scuola un piano triennale per la stabilizzazione di 150.000 docenti precari. Lo scrivo come docente che ogni anno si reca puntualmente a prendere l’incarico annuale al provveditorato ed è bene informato sullo scorrimento delle graduatorie e delle immissioni in ruolo. E, come docente, Le dico sempre che tale politica scolastica assicurava i due principi fondamentali per una vera scuola di qualità: il rapporto efficace fra il numero dei professori e quello degli studenti e soprattutto la continuità didattica che permette la costruzione di un percorso regolare sia nell’insegnare che nell’apprendere. Sennonché, su questa direzione virtuosa, arrivò la mannaia dell’uscita di Veltroni, l’esternazione in cui l’ex segretario del Pd faceva sapere che il Partito, nelle future competizioni elettorali, avrebbe “corso da solo”. E’ stato lo stesso Prodi, in un’intervista al noto programma televisivo «chetempochefa», a dire che, la prima ripercussione dell’improvvisato risiko veltroniano, fece sì che Mastella si presentasse all’uscio di Palazzo Chigi per fare intendere che aveva il via libera per far cadere il governo di centrosinistra (e con ciò spianava la strada al ritorno al governo di Berlusconi e dell’attuale esecutivo). Ecco, in un tempo in cui tutti fanno domande a tutti, la domanda di un insegnante precario, al ritorno dai meandri gelminiani del provveditorato è la seguente: ma quando questa gente, che un giorno fa il segretario e quello dopo il romanziere, senza un giorno di precariato all’attivo, fa politica, ha la consapevolezza di quali ripercussioni le sue parole e le sue azioni hanno sulle vite di milioni di persone (che tra l’altro li ha votati) o, appunto, non va oltre la coscienza di essere ancora seduto al tavolo di un fantasmagorico Risiko postadolescenziale? la domanda è estesa ai ministri del governo che scendevano in piazza a manifestare contro l’esecutivo di cui facevano parte e allo scalpitante ex Presidente della Camera Bertinotti che ora, con l’aggiunta della beffa al danno, fa l’insegnante all’Università di Perugia.