L’Italia dei poveri diavoli
Quanto è successo a Roma, con le scene di guerriglia urbana fra migranti e poliziotti, non sta a mio avviso a testimoniare altro che anche i politici hanno concluso le loro vacanze: tornati in città, hanno pensato bene di rigettare l’amo del ‘dividi e comanda’ con cui dai tempi dei Romani (veri) si mette l’un contro l’altro armato il suddito che così continua ad essere quello che è, suddito. E i senatori, quelli di ieri e quelli molto meno nobili di oggi se la ridono allo spettacolo: di chi è contento di poter sfogare la propria inquietudine sociale e esistenziale al grido ‘sti fasci’ ai poliziotti, da una parte, e ‘sti negri’ ai migranti, dall’altra. E i senatori se la ridono, gli evasori continuano a evadere, i datori di lavoro continuano a far firmare lettere di dimissioni in bianco alle donne in odore di gravidanza, i palazzinari a mettere sabbia al posto di cemento e così via … nell’Italia dei poveri diavoli! Lì dove, non a caso, nella lingua madre della nostra civiltà, il greco, dia-bolè significa divisione. Ma il greco e la storia il popolo non li deve sapere: i ragazzi la scuola la devono fare in alternanza col lavoro, distratti da mille insignificanti progettini e ora, se possibile, in quattro anni.