Virginia Raggi. Quando il vento cambierà
(pubblicato sul Fatto Quotidiano del 23/06/2016)
Per storia e sensibilità politica non ho mai votato per il M5S e dunque non ho votato Virginia Raggi in queste elezioni per l’elezione del sindaco a Roma; d’altra parte non ho votato per Giachetti perché, al di là della bontà della persona, ho ritenuto che, perlomeno a Roma, il PD non abbia mostrato ultimamente il suo volto migliore. Fra una perplessità e l’altra ora spero sinceramente e vivamente che la neoeletta sindaco di Roma possa fare bene; qualora accadrà non potrò che gioirne ed esserne contento. Per la mia Città e anche per il PD in cui spero possano essere stimolate le energie migliori; ma soprattutto, in ultima istanza, per una dialettica politica italiana che possa ritrovare dei protagonisti con livello più consono di statura morale e, ancora più a fondo, culturale. Perché l’onestà, diciamolo chiaramente, dovrebbe essere un prerequisito del buon politico ed è invece l’intelligenza politica con i suoi fini sociali qualcosa su cui dovremmo potere tornare a esprimerci sia nel dibattito pubblico che nel più specifico esercizio del voto. Quando ciò sarà avvenuto potremmo allora dire che il vento è veramente cambiato. Lo speriamo dal fondo del cuore e da quello dei secoli lì dove, fra le pagine del Fedone platonico, si legge nell’ammonimento socratico sui rapporti fra la virtù morale e quella intellettuale: «O caro Simmia, sta bene attento che l’unica moneta autentica, quella con la quale si devono scambiare tutte le cose, non sia piuttosto l’intelligenza, e che solo ciò che si compra e si vende a prezzo di intelligenza e con l’intelligenza sia veramente coraggio, temperanza e giustizia e che, insomma, la virtù sia solo quella accompagnata dall’intelligenza».