Sinistra ed evoluzione
(pubblicato su “il Riformista” del 20/05/2009)
Caro direttore,
credo che le difficoltà in cui versa oggi la sinistra italiana siano innanzitutto legate alla mancanza di una visione completa della società e dell’uomo che è venuta meno con la crisi del riferimento al marxismo e con la conseguente incapacità di una rielaborazione critica che certo non poteva essere affidata alla classe dirigente che abbiamo visto all’opera negli ultimi quindici anni; perciò, nonostante ritenga che alcune delle categorie marxiane siano da rielaborare in maniera critica, non sono mai incorso nell’abbaglio intellettuale di scambiare Il Capitale per il Manifesto del Pd. In questo anno di letture darwiniane, invece, mi sono imbattuto in più libri che, importando faticosamente in Italia la cultura anglosassone, possono essere a mio avviso un punto di inizio per la ricostruzione di un’identità culturale di sinistra che non può essere certo intrapresa fra le scorciatoie spicciole del dipietrismo; fra le pagine della filosofia si può leggere che la “scorciatoia dell’intelligenza è la strada più lunga” ed è per questa via che credo debba ricominciare un percorso serio e paziente di ricostruzione. E’ una via su cui si può incontrare, come mi è capitato, il pensiero di Darwin e, più nello specifico, i temi poco noti della visione dell’uomo che si dispiega nell’Origine dell’uomo. In questa opera stupiscono le pagine in cui la teoria della selezione naturale, piuttosto che dare credito a una visione bellicistica dell’esistenza, viene chiamata a spiegare la formazione degli istinti sociali e della stessa coscienza morale. Come scrive Orlando Franceschelli nel suo bel saggio Darwin e l’anima (Donzelli), “proprio la selezione naturale offre in realtà la chiave per capire come gli stessi impulsi altruisti, dando un vantaggio alle tribù che ne sono portatrici, siano divenuti gli istinti sociali caratteristici delle comunità umane”; impulsi altruistici premiati dalla stessa selezione naturale fino alla costituzione naturale della stessa ragione morale che nel suo punto più alto arriva alla riflessione che se “per i nostri antenati i fratelli e le sorelle erano solo gli appartenenti al proprio gruppo. Noi, loro eredi delle nazioni civilizzate, abbiamo imparato a sentire e capire che, in realtà, nostri fratelli e sorelle non sono solo tutti i nostri simili, ma anche tutti gli altri viventi non umani”. Si potrebbe procedere oltre ma incombe lo spazio della conclusione. Quali migliori presupposti per andare in questa direzione nella ricerca di un rinnovato vigore delle idee che la sinistra ha sempre fieramente rivendicato come proprie? In poche battute abbiamo letto della natura sociale dell’uomo, di un’origine del tutto emancipata da qualsiasi presupposto teologico di tale natura sociale e della capacità di questa natura a estendere i confini della propria comunità etica fino a ogni altro vivente. Non è poco. E non è da poco il fatto che si possa chiamare in questo senso una testimonianza fuori da ogni utopia: non è forse l’elezione di Obama la migliore testimonianza che il realismo politico degli eredi della nazione civilizzata più avanzata si risolva nella selezione della riflessione che il futuro possa schiudersi solo dietro la porta di un ritrovato rapporto degli uomini con gli uomini e degli uomini con l’ambiente?